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Santa Claudia e compagne Martiri di Amiso

20 marzo

IV sec.

Nel martirologio del 20 marzo emergono sette donne cristiane che, durante la persecuzione di Massimino Cesare ad Amiso (Turchia), sfidarono la crudeltà del preside professando la loro fede. Sopportarono flagellazioni e, per la loro incrollabile dedizione al Signore, furono arse in una fornace. Un alone di mistero avvolge la loro storia: alcune studiose le identificano con un gruppo di martiri uccise ad Ancira e commemorate il 18 maggio. Nonostante gli studi, la tradizione secolare conserva la memoria di Santa Claudia al 20 marzo, spesso senza menzionare le sue compagne.

Etimologia: Claudia = zoppa, dal latino


Nel florilegio del martirio cristiano, sette donne, Claudia, Alessandra, Eufrasia, Matrona, Giuliana, Eufemia e Teodosia, si ergono come luminose figure di fede incrollabile e coraggio adamantino. La loro storia, narrata con dovizia di particolari negli antichi testi agiografici, si svolge ad Amiso, fiorente città dell'Asia Minore, durante la tetra ombra della persecuzione di Massimino Cesare.
Nel IV secolo, l'imperatore romano, accecato dall'odio per la nascente Chiesa, scatena una feroce repressione contro i cristiani. Ad Amiso, il preside, incaricato di estirpare la "nuova superstizione", si imbatte in queste sette donne, la cui fede incrollabile sfida la sua autorità e il suo credo pagano.
Con ardore profetico, le sette donne non solo professano apertamente la loro fede in Cristo, ma rinfacciano al preside la sua crudeltà e l'ingiustizia delle sue persecuzioni. Dinanzi alla sua furia impotente, esse rimangono salde come rocce, rifiutando di abiurare e di sacrificare agli dei pagani.
La loro resistenza incrollabile scatena la furia del preside che ordina di flagellarle senza pietà. Claudia e le sue compagne sopportano le torture con stoica fermezza, consapevoli che la sofferenza terrena è solo un preludio alla gloria eterna.
Con la serenità di chi ha già intravisto la luce della salvezza, si offrono al martirio, venendo gettate in una fornace ardente. Le loro anime, liberate dalle catene del corpo mortale, ascendono al cielo, dove la corona del martirio le attende come premio per la loro fede incrollabile.
La loro storia, tramandata di generazione in generazione, si arricchisce di dettagli e varianti, come le sette martiri di Ancira, che condividono nomi simili e un destino analogo. Eruditi agiografi, nel loro incessante lavoro di ricerca, hanno intravisto la possibilità che si tratti di doppioni della stessa vicenda, offrendoci spunti di riflessione e nuove chiavi di lettura.
A prescindere dalle possibili duplicazioni, la memoria di queste sette donne rimane indelebile, celebrata il 20 marzo nel Martirologio Romano.

Autore: Franco Dieghi
 


 

Il 20 marzo il ‘Martirologio Romano’ commemora un gruppo di sette donne martiri e cioè: Claudia, Alessandra, Eufrasia, Matrona, Giuliana, Eufemia e Teodosia, le quali, in piena persecuzione dei cristiani nel secolo IV, sotto l’imperatore Massimino Cesare (309-313), furono arrestate ad Amiso (odierna Turchia).
Esse condividendo fede e coraggio, rimproverarono al preside di Amiso la sua crudeltà e la sua ingiustizia nel condannare i cristiani.
Professandosi esse stesse cristiane, non abiurarono, non sacrificarono agli dei, come chiedeva loro il preside, che le fece flagellare; Claudia e le altre accettarono la tortura e disposte a fare la scelta vincente della morte terrena in cambio della vita eterna, pertanto furono gettate in una fornace ardente.
Bisogna dire che delle sette martiri, vengono ricordate almeno con nomi simili fra altre sette martiri annegate ad Ancira, Alessandra, Claudia, Eufrasia e Matrona; mentre le altre tre Giuliana, Eufemia e Teodosia, si possono identificare nelle martiri Giulitta, Eufemia e Tecusa, gruppo commemorato il 18 maggio.
Da questi studi si potrebbe dedurre che i due gruppi di Amiso e di Ancira siano doppioni di se stessi.
Ad ogni modo, i calendari da tanti secoli riportano, in particolare s. Claudia al 20 marzo, magari non nominando le sue compagne di martirio e continuando ad ignorare i dotti studi degli agiografi.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2024-02-16

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