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San Massimo di Padova Vescovo

2 agosto

III/IV sec.

Martirologio Romano: A Padova, san Massimo, vescovo, che si ritiene sia succeduto a san Prosdócimo.


L’Inventio Maximi, Iuliani patricii, Felicitatis virginia et SS. Innocentium racconta che il vescovo Bernardo di Padova (Maltraversi, 1048-53) vide in sogno un vegliardo, inviato da Dio ad indicargli dove, nella cappella di santa Maria della basilica di S. Giustina, giacevano, nascosti ed ignorati, i corpi dei santi Massimo, Felicita e Giuliano con i tre Innocenti.
All’indomani, il vescovo raccontò il sogno ai principali del clero e del laicato e indisse un digiuno di tre giorni. Il terzo giorno si recò in processione con gran concorso di popolo a san Giustina, vi celebrò la Messa e quindi scese nella cappella di santa Maria e si prostrò a pregare. Volle essere lui il primo a dare inizio allo scavo. A sei piedi di profondità furono scoperte tre arche «vitro dariores, ferreis nexibus complexas» da cui uscirono luci e profumi soavissimi, mentre cominciarono a moltiplicarsi le guarigioni miracolose. Una tavoletta funeraria in ciascuna arca dichiarava il nome e la qualifica del santo contenuto. Quella di san Massimo diceva:
HIC REQUIESCIT MAXIMUS SECUNDUS A PROSDOCIMO EPUS QUI HUIUS MUNDI VITAM DOMINO TRIBUIT UT SEMPITERNAM HABERE MERERETUR IN COELIS.
Passava in quei giorni per Padova, diretto in Ungheria, papa Leone IX il quale, ospite del vescovo Bernardo, assecondandone il desiderio, celebrò in santa Giustina, sciolse la città dall’interdetto da cui era irretita e, di sua iniziativa, canonizzò i santi recentemente scoperti. L’invenzione era avvenuta il 2 agosto 1053.
Così l’Inventio, che si dichiara scritta da un testimone oculare, è creduta autentica da G. Brunacci pur retrodatando d’un anno il passaggio di Leone IX per Padova. Invece l’altro noto storico della Chiesa padovana, san Dondi dell’Orologio accetta la sostanza del racconto, ma giudica alcune circostanze «fiori devoti dell’eloquente scrittore». In particolare, se R. Zanocco era perplesso circa l’autenticità dell’iscrizione, A. Silvagni la esclude in via assoluta; per lo stile e la verbosità l'iscrizione di san Massimo, come le altre due, non può essere dell’epoca in cui i santi sarebbero stati nascosti, ma tutt’al più del tempo dell’invenzione. A. Barzon avanza l’ipotesi che nome e qualifica siano stati dedotti dalla tavoletta sepolcrale realmente inclusa nell’arca o ad essa annessa.
Il bollandista Van den Bosscke che trattò di san Massimo nel volume I degli Acta SS. Augusti trova strano che del culto di lui non fosse restata alcuna memoria prima del 1052, tanto che fu necessaria una nuova canonizzazione da parte del papa Leone IX. Di fatto, come la data del 1052 è il punto di partenza del culto di questo santo, così l’iscrizione della Inventio lo è degli ulteriori sviluppi della tradizione. Ai santi scoperti circa sessantacinque anni prima accenna intorno al 1117 la Inventio S. Danielis levitae, nella redazione del modenese Francesco dei Donetti, benedettino di san Giustina.
Il nome di Massimo compare come quello dell'immediato successore di san Prosdocimo nella lista dei vescovi padovani, la più antica che si conosca, premessa da un ignoto copista alla Cronica in fatti et circa facta Macchie Trinatane di Rolandino da Padova. In questa lista c’è solo il nome; invece quella del 1487 contenuta nel Liber Niger della Capitolare di Padova, ne fa un cittadino padovano, successo a san Prosdocimo nel 141 o nel 143 secondo la Cronaca veneziana di Andrea Dandolo e del quale raccontò la vita e le opere. Il Dandolo conosceva già la Vita S. Prosdocimi, che si dichiara esplicitamente opera di san Massimo. Nuovi particolari aggiunsero gli storia padovani posteriori, Scardeone, Portenari, Orsato, Monterosso, Giustiniani, eccetera, derivati dalla loro o altrui fantasia. A. Barzon, il più recente storico della Chiesa padovana, ammette l’esistenza di un vescovo di nome Massimo, ma non sa quando sia vissuto.
Attualmente nella diocesi di Padova solo una chiesetta è dedicata a questo santo, proprio in città; Dondi dell’Orologio la fa esistere fin dal 1170, ma non se ne hanno prove prima del 1267. Nel riordinamento delle parrocchie della città, fatto dal vescovo Pagano (1302-1319) nel 1308, risulta già come chiesa parrocchiale. Lo restò fino all’agosto del 1808, quando il vescovo Dondi dell’Orologio (1807-1819) ne incorporò il territorio a quello della parrocchia d’Ognissanti, di cui la chiesa di san Massimo diventò oratorio succursale.
Sul suo altare: maggiore una tela di Giambattista Tiepolo rappresenta il santo assieme a sant'Osvaldo re. Il corpo invece restò sempre a santa Giustina, dal 1565 nella nona cappella della ricostruita basilica, a destra subito dopo la cappella dell’apostolo san Mattia. Nel Martirologio Romano è commemorato il 2 agosto, data dell’invenzione; ma ricorrendo in quel giorno la festa di sant'Alfonso Maria de’ Liguori, quella di Massimo già nel Proprium Ecclesiae Patavinae del 1932 è anticipata al 30 luglio.


Autore:
Ireneo Daniele


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2018-04-10

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