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Beato Giuseppe Benedetto Dusmet Vescovo

4 aprile

Palermo, 15 agosto 1818 - Catania, 4 aprile 1894

Cardinale e arcivescovo di Catania dal 1867 al 1894, è stato un pastore esemplare e una guida spirituale per il popolo catanese. In un contesto socio-politico mutato dopo il 1860, Dusmet si dedicò con zelo alla cura della diocesi, imprimendo un orientamento spiccatamente pastorale al clero. La sua eroica carità verso i poveri e i bisognosi gli valse l'appellativo di "santo cardinale".

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Catania, beato Giuseppe Benedetto Dusmet, vescovo, dell’Ordine di San Benedetto, che con sollecitudine promosse il culto divino, l’istruzione cristiana del popolo e lo zelo del clero e in tempo di pestilenza portò aiuto ai malati.


Alla svolta socio-politica verificatasi nell'isola con il 1860 necessitava far seguire quella spirituale e pastorale della Chiesa di Catania: di tale compito si sentì investito l'arcivescovo Giuseppe Benedetto Dusmet (1867-1894). Benedettino cassinese, abate del monastero catanese S. Nicola l'Arena dal 1858 - a causa della legge di soppressione del 1866 ultimo abate della serie iniziatasi con l'abate-vescovo Ansgerio (1091-1124), voluto da Ruggero il normanno alla rifondazione della diocesi dopo la dominazione saracena -, per le note vicende della questione romana, poté essere nominato dopo sei anni di sede vacante - il suo predecessore Felice Regano era morto nel 1861 - durante i quali la diocesi era stata governata dal priore del capitolo della cattedrale, Gaetano Asmondo Paternò Castello, in qualità di vicario capitolare. Per i suoi meriti di pastore della chiesa catanese, per i servizi prestati alla Chiesa con l'amministrazione apostolica della vicina diocesi di Caltagirone e, in particolare, con la riunificazione della famiglia benedettina e l'apertura del Collegio S. Anselmo, Leone XIII lo volle cardinale e lo pubblicò nel concistoro dell'11 febbraio 1889 con la seguente motivazione: "dignis episcopo virtutibus, maximeque prudentia et charitate spectatum".
Tutt'ora vivo nella memoria del popolo catanese per l'eroicità della sua carità, capace di tenere in costante mobilitazione la comunità diocesana in favore dei poveri e dei bisognosi, seppe imprimere un orientamento squisitamente pastorale al clero e grazie alla sua statura spirituale acquisì autorevolezza in ambito ecclesiale e civile. Alla sua fede venne attribuita la liberazione dalla colata lavica del comune di Nicolosi: tutti riconobbero che, sebbene le previsioni fossero ben diverse, la lava si fermò grazie all'intercessione di S. Agata e alla preghiera del "santo cardinale", come comunemente ancora oggi molti lo appellano. La Chiesa ne ha ufficialmente riconosciuto la statura spirituale e pastorale e, a conclusione del prescritto processo canonico, il 25 settembre 1988 Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato.
Al fine di porre un robusto argine alle moderne ideologie e alla cultura laica e positivista, Dusmet si mosse in costante sintonia con le direttive di Pio IX e di Leone XIII, ma anche con l'attività zelante e riformatrice di altri vescovi italiani come il card. Sisto Riario Sforza di Napoli e Tommaso Ghilardi di Mondovì. E anche con gli altri vescovi dell'isola seppe mantenere rapporti di cordiale fraternità, in particolare con il card. Michelangelo Celesia, anche lui benedettino e arcivescovo di Palermo, e con il card. Giuseppe Guarino, arcivescovo di Messina. Figlio della Chiesa del suo tempo, fondamentale sua preoccupazione pastorale fu indubbiamente la "salus animarum" e la salvaguardia dei valori religiosi e morali fra il popolo che, fin dall'inizio del suo episcopato, egli mostrò di ben conoscere: "Alla classe elevata del nostro gregge, alla classe soprattutto che discute, e scrive, e cammina sempre e non arriva mai a quel meglio dietro cui s'infiamma e si precipita a capofitto, facciamo un solo invito: Venite ad me omnes. Le sale del nostro episcopio sono aperte per voi. Là, se vi piaccia, converseremo insieme, vi favelleremo apertamente come amico che favella ad amico. L'altra classe del popolo più numerosa che non discute, non scrive, non comprende le teorie del giorno, ma domanda pane e fede, oh si affidi pure tutta intiera al nostro amore di padre. Sin quando avremo un panettello, Noi lo divideremo col povero. La nostra porta per ogni misero che soffra sarà sempre aperta. ... Ma la fede... ah il nostro buon popolo vuol conservata la fede, e incombe a noi che la gli si conservi".
Pur mantenendolo privo del "munus" di parroco nel senso pieno del termine - per la peculiarità della diocesi in cui solo il vescovo era giuridicamente l'unico parroco - Dusmet chiese al clero, costantemente e con insistenza, la indispensabile coerenza di vita, necessaria espressione dell'Ordine sacro, e l'adempimento dei doveri di maestro, predicazione e catechesi, e di sacerdote, amministrazione dei sacramenti e culto. E al fine di liberarlo da residui di cultualismo, insisteva sulla necessità di un "aumento di zelo sacerdotale", che non si limitasse ad "una condotta che non dia da ridire, perché il Sacerdote stia sereno di aver fatto il proprio dovere". L'ideale sacerdotale, a cui anche i chierici venivano formati, dipendeva dalla teologia della Lettera agli Ebrei, "ex hominibus assumptus", ma ben conciliata con il modello agostiniano, del sacerdote dedito totalmente al servizio del popolo.
Sebbene non fossero maturi i tempi per un'azione autonoma del laicato cattolico, Dusmet si premurò di promuovere varie forme associative, a carattere religioso e caritativo-assitenziale, nelle quali volle la partecipazione attiva dei fedeli, in vista anche di una aperta e combattiva difesa della Chiesa, dei suoi diritti e dei valori cristiani.
Al suo episcopato, vera chiave di volta della storia contemporanea della diocesi, è certamente debitore il cammino della Chiesa catanese di questo secolo, grazie all'impegno pastorale dimostrato da non pochi sacerdoti da lui formati. Tra essi vanno ricordati almeno mons. Francesco Castro (1824-1893) anima della pastorale giovanile e formatore, fra gli altri, del can. Tullio Allegra (1862-1934), fondatore delle Suore Sacramentine: al suo apostolato eucaristico si è alimentata una buona fascia del laicato cattolico catanese nei primi decenni di questo secolo; e accanto a loro va ricordato il frate minore p. Giuseppe Guardo (1791-1874), verso il quale Dusmet nutriva una speciale stima e morto in fama di santità. E fra il laicato non mancò chi assimilasse la lezione spirituale del Dusmet e la incarnasse in modo esemplare, seppur per breve tempo, come il caso della giovane Giuseppina Faro (1847-1871): di lei è in corso la causa di beatificazione.
Altre figure di rilevante statura spirituale hanno fatto seguito a loro, e per le quali è in corso la causa di beatificazione: la superiora delle domenicane del S. Cuore madre Giuseppina Balsamo (1887-1969), l'orsolina Lucia Mangano (1896-1946), il francescano Gabriele Maria Allegra (1907-1976) che, nei lunghi anni della sua missione in Cina, tradusse per primo il testo biblico in cinese. E ad essi, in qualche modo, si può anche associare la salesiana Maddalena Caterina Morano (1847-1908), che Giovanni Paolo II proprio in occasione della sua visita alla Chiesa catanese proclamerà beata.
Il Martyrologium Romanum lo ricorda il 4 aprile, mentre la diocesi di Catania lo festeggia il 25 settembre.

Bibliografia: T. LECCISOTTI, Il cardinale Dusmet, Catania 1962; G. ZITO, La cura pastorale a Catania negli anni dell’episcopato Dusmet (1867-1894), Acireale 1987.


Autore:
Gaetano Zito

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Aggiunto/modificato il 2001-05-24

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