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Venerabile Simone Srugi (Sruji) Salesiano Coadiutore

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Nazareth, Israele, 27 giugno 1877 - Beitgemal, Israele, 27 novembre 1943

Nacque a Nazareth il 27 giugno 1877, ultimo di dieci figli. Orfano di ambedue i genitori già a 6 anni, Simone fu mandato dalla zia nel 1888 all'orfanotrofio cattolico di Betlemme diretto dal Can. Belloni, poi (dal 1891) dai Salesiani. Vi si trovò così bene che, a 16 anni, chiese di diventare salesiano. Eccolo aspirante coadiutore alla Scuola Agricola di Beitgemal. Vi trascorrerà tutta la vita, esattamente 50 anni, e non la lascerà quella casa se non per il cielo. Svolge tante attività e con tanto amore! Maestro di scuola ("Mu'allem Srugi") di molti piccoli musulmani, che di lui dicono: "E' buono come una coppa di miele". E' mugnaio, e i contadini di tutta la zona gli portano il grano a macinare; dirige tutto il movimento con giustizia e serenità. E' infermiere: siccome nella zona manca il medico, gli ammalati corrono a lui da una cinquantina di villaggi, quasi sempre gente povera e sparuta, con infermità ripugnanti. E lui da buon samaritano sente pietà per tutti, li ripulisce, li cura, li tratta con delicatezza, parlando loro di Gesù e di Maria. I malati dicono: "Gli altri medici non hanno le mani benedette del Sig. Srugi". Talvolta la gente viene soltanto perché imponga le mani, le mamme gli presentano i loro bambini perché li benedica. Si viene da lui perché in qualche villaggio è scoppiata una lite: egli fa da arbitro e da operatore di pace. Tutti sentono che Srugi comunica con Dio sul serio. Si nutre di eucaristia e di vangelo. Il tempo libero, lo passa davanti al Santissimo. Quando nel 1908 don Rua visitò la Casa di Beitgemal, disse: "Seguitelo bene, registrate le sue parole e atti perchè si tratta di un santo". Morì consumato dal lavoro e dalla malaria il 27 novembre 1943, a 66 anni. I funerali furono un'apoteosi. La sua umile salma riposa a Beitgemal presso la tomba gloriosa di S. Stefano. San Giovanni Paolo II lo dichiarò Venerabile il 2 prile 1993,



Simone Srugi, ultimo di dieci figli, nacque a Nazareth il 27 Aprile 1877. A quindici giorni dalla nascita fu battezzato e, secondo l'uso orientale, cresimato. Abbiamo poche notizie sulla sua infanzia, trascorsa in quella cittadina di Nazareth dove si era svolta gran parte della vita del Figlio di Dio. La lacuna è dovuta anche al silenzio che Simone Srugi volle mantenere circa la sua vita. Ha deposto suor Tersilla Ferrero: "Non si sentiva mai raccontare fatti personali intorno alla sua famiglia. Su tutto, il più rigoroso silenzio (Summ., p. 42, n. 138).
Rimasto orfano di padre e di madre, venne accolto dalla nonna materna. La povertà era molto comune a Nazareth. In questo contesto Simone Srugi visse fino a undici anni. Frequentò le scuole elementari tenute dai Francescani e respirò un clima religioso, favorito questo dalla presenza di varie istituzioni religiose: Fratelli delle scuole cristiane, Dame di Nazareth, Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, Francescani dell'Annunciazione. Le poche testimonianze che si riferiscono alla sua infanzia e alla sua adolescenza lo descrivono già con quei tratti che poi saranno tipici della sua personalità: calmo, riservato, sottomesso,  tutto preso dal pensiero di Dio.
Nel 1888 fu condotto a Betlemme nell'Orfanotrofio fondato dal Can. Antonio Belloni (che diventerà salesiano) più noto sotto il nome di "Abuliatama", il padre degli orfani. Qui Simone Srugi trascorse quattro anni, completando i suoi studi e imparando il mestiere di sarto. Furono anni importanti anche per la sua formazione religiosa. Da Nazareth a Betlemme: l'eloquenza dei due luoghi e dei due rispettivi misteri trovò ascolto attento nel cuore di questo ragazzo, già per sua natura docile e religioso.
Nel 1892 fu inviato nella casa salesiana di Beitgemàl dove sarebbe rimasto fino alla morte. Quando egli vi mise piede, il fascino della sua bontà non tardò a dare i suoi frutti. La condotta di questo quindicenne attirò subito l'attenzione di tutti i presenti. Suor Agnese Salman ci riporta la prima impressione ricevuta dal Direttore: "Quel ragazzo fa tutto con perfezione, non è come  gli altri, è straordinario" (Summ., p.274, n .917).  
Intanto nel giro di poco tempo, nacque nel suo cuore il desiderio di diventar salesiano. Fece in casa l'aspirantato e il noviziato, continuando a svolgere con impegno i vari incarichi che gli erano stati affidati. Lavori umili come il pompare l'acqua dal pozzo per le non poche necessità della Casa: "Ogni giro di ruota doveva essere un atto di amor di Dio" avrebbe confidato in seguito (Summ., p. 21, n. 68). Lavoro e pietà! Proprio come D. Bosco voleva. "Era abituato a fare i suoi lavori e poi ad aiutare gli altri; e quando non c'era da aiutare, andava in chiesa" (Summ., p. 315, n.1027). "Faceva il factotum, faceva tutto ciò che gli chiedevano e non si rifiutava mai" (Summ., p.362, n. 1204).
Emise i primi voti nel 1896 e quattro anni dopo quelli  perpetui. Era ormai pronto per vivere da salesiano nella più assoluta dedizione agli altri. Tra le sue prime responsabilità ci fu quella di assistente degli orfani. Rivelò doti di buon educatore, grazie soprattutto al suo buon cuore. "Ho conosciuto molti padri e fratelli del Convento di Beitgemàl: ma nessuno di questi, sebbene stimati e buoni, aveva le doti di Srugi che si distingueva da tutti gli altri per la sua bontà"(ibid., p. 134, n. 473).
Fu poi incaricato di prestare la sua opera al mulino, un luogo e un'attività di primaria importanza per la casa di Beitgemàl. Vi lavorò, come sempre, nel nascondimento e nel silenzio. E' significativo che nella cronistoria della casa non compaia mai il suo nome, pur essendo il suo servizio il più apprezzato.
Ma la vera "palestra dove dispiegò l'apostolato della carità, dell'amore per ogni sofferente, dove fece scuola per tante ore al giorno, per tanti anni della vita, fino a morire, fu l'ambulatorio" (Summ., p. 58, n. 186). Bisogna innanzitutto dire che non era munito di diploma eppure tantissimi testi hanno potuto affermare che "i malati avevano più fiducia in lui che in tutti i dottori" (Summ.,80,n.259). Alla base di tanta stima, c'era indubbiamente la sua eccezionale bontà. "L'ambulatorio fu il testimonio quotidiano, si può dire, della sua bontà, carità paziente verso il prossimo, ma in modo particolare verso i poveri musulmani, verso i poveri malati. Mai che mostrasse fastidio, noia per qualcuno o si facesse vedere seccato: il suo tratto era amabile, dolce, quasi silenzioso. Conquistava l'animo delle persone con la sua bontà d'animo, con la carità di Cristo. Fu davvero verso tutti i poveri, i malati, come il Buon Samaritano e la sua carità non conobbe soste o limiti e la prodigò  fino all'ultima goccia delle sue forze" (Summ.,169,n.603).
Il lavoro era enorme perché nel raggio di 15 Km non c'erano dottori ed erano circa una cinquantina i villaggi che facevano riferimento all'ambulatorio di Beitgemàl. In quel tempo imperversava la malaria e non poche malattie, dovute per  lo più alla mancanza di igiene e all'estrema povertà. In alcuni periodi dell'anno il ritmo diventava davvero  sfibrante. Eppure - attesta D.Choueri - "egli non rimandava mai nessuno per mancanza di tempo. Quando l'affluenza dei malati era tale che questi si impazientivano, si sforzava di calmarli con amabili parole. Le ore di medicazione specialmente d'estate si prolungavano dalle otto e mezzo del mattino sino alle due e anche alle tre del pomeriggio. Posso testimoniare di aver visto parecchie volte il Sig. Srugi lasciare il dispensario, dirigersi verso la cappella per una breve visita e poi recarsi direttamente in camera senza prendere neppure un pò di cibo, tanto si sentiva stanco" (Summ.,190,n.674).
Le prestazioni erano per lo più gratuite. Sono eloquenti alcuni dati statistici rinvenuti nella cronaca della casa: 8.500 medicazioni gratuite nel 1928; 10.200 nel 1931; 11.400 nel 1932; 7.250 nel 1933. La sua carità non conosceva distinzioni. Attesta  il Sig. Giuseppe Al Hayek: "Non faceva mai distinzione tra cristiani e musulmani" (Summ., p. 206, n. 735).
La stima cresceva sempre più attorno alla figura di questo povero infermiere dotato di nessun altro ascendente che quello proveniente dalla sua santità. Attesta  ancora il Sig.Giuseppe Al Hayek: "Era davvero straordinario. I malati venivano da lontano e non avevano i mezzi di oggi per viaggiare. Ricordo che venivano sugli asini, sui cammelli. Tutti ci tenevano ad esser curati da lui. A Beitgemal, c'era l'ambulatorio, avrebbero potuto andare anche altrove, ma volevano esser curati dalle sue mani sante e benedette. Così lo ritenevano santo ed attribuivano la guarigione più che alle medicine, alla sua grande virtù ed amicizia con Dio, con Allah. Così pensavano i musulmani" (Summ., p.205, n. 735). Racconta il Sig. Asseli: "Un giorno vidi una bella auto che veniva da Bersabea; chiesi che cosa desideravano e mi risposero che erano venuti per farsi curare dall'uomo giusto, Srugi. 'Noi abbiamo mezzi per pagare bravi dottori, ma non ci fidiamo di loro; noi siamo venuti espressamente da quest'uomo giusto, sicuri di esser guariti'" (Summ., p. 268, n. 897).
Tra i gesti di carità e di fede compiuti dal Venerabile ce n'era uno che gli procurava particolare gioia interiore. Quando ne parlava si commuoveva visibilmente, unica eccezione alla sua abituale riservatezza: si tratta del battesimo amministrato ai bambini musulmani, quando questi erano destinati sicuramente a morire. Ben 360 "angioletti" - come egli li chiamava - furono i bambini da lui battezzati.  "Il S.D. - attesta Mons. Gorla - non parlava mai di sé e di quello che poteva fare di lodevole. L'unica eccezione era quando si parlava di bambini musulmani da lui battezzati: lo  faceva con gioia e semplicità, senza vanità" (Summ.,p.306,n.991).
Un desiderio molto naturale per il cuore di un salesiano è il voler conoscere la culla della propria Congregazione: Torino. "Oh, sarebbe per me una grande fortuna!" esclamò una volta il Venerabile davanti ad un'esplicita proposta che gli venne fatta. Ma gli fu sufficiente venire a sapere che il Direttore avrebbe potuto aver bisogno di lui, per dire con molto distacco: "Vi rinunzio, per vedere la Madonna più bella in Paradiso" (Testimonianze,D.IV,pp15-16). E non ci fu più occasione per venire in Italia.
Un episodio merita una particolare sottolineatura ai fini della sua virtù eroica. Gli anni 1936-1939 furono caratterizzati dal terrorismo arabo-giudaico. La casa salesiana di Beitgemàl risentì di questo momento difficile e divenne obiettivo particolarmente sorvegliato dai guerriglieri. Un giorno i ribelli, erroneamente persuasi che il telefono fosse stato messo a disposizione della polizia inglese, si vendicarono assalendo il direttore della casa, don Mario Rosin, che era andato a confessare le suore. Lo uccisero a sassate sulla strada del ritorno, abbandonando il corpo sotto un mucchio di pietre! Alcuni anni prima era stato inaugurato il piccolo santuario costruito sui resti della tomba di S. Stefano, il protomartire morto lapidato. Ora si avverava un episodio così tragicamente simile! Qualche giorno dopo accadde che arrivò all'ambulatorio proprio colui che da tutti era indicato come l'uccisore del Direttore: era ferito alla testa e gli Inglesi erano sulle sue tracce. La suora che era con Simone Srugi disse di consegnarlo agli inglesi che stavano per arrivare. Ma il Venerabile, "serio in volto, rispose: 'Consegnarlo alla giustizia? Perché? E noi dobbiamo fare del male? Noi dobbiamo fare sempre del bene a tutti. Se lui ha fatto del male se la veda con Dio al quale tocca far giustizia. Ma noi dobbiamo fare sempre del bene al nostro prossimo e perdonare'. E aggiunse (me lo  ricordo bene):'come se nulla sia accaduto! Così con il nostro contegno  religioso diamo loro buon esempio, e così capiranno che noi cristiani siamo qualche cosa di più di loro con la pratica del perdono cristiano voluto da Gesù che perdonò' " (Summ., p. 365, n. 1215). E lo medicò con tutte le attenzioni del caso.
Nel 1940 scoppia la seconda guerra mondiale. Gli inglesi fanno prigionieri tutti i confratelli italiani, rinchiudendoli a Gerusalemme prima e a S. Giovanni d'Acri dopo. Tra questi c'è Simone Srugi, pur essendo arabo! Suor Tersilla Ferrero ci narra la partenza da Beitgemàl: "Il S.D. già da parecchi giorni era preso da una forte febbre  malarica ed era in uno stato da far pietà: magro, tutto pelle ed ossa. Mi avvicinai e gli dissi: 'Sig. Srugi, anche Lei qui? Dove andremo a finire? E Lei con quella febbre  come farà?' Ma egli tutto calmo e sereno rispose:' Niente paura. Questa è la volontà di Dio ed Egli ci penserà. Gesù ha sofferto più di noi. Per andare in Paradiso ci vuole altro che questo!' " (Summ., p. 29, nn. 94-95).
Quando tornò a Beitgemàl, riprese subito il suo lavoro ma ormai la salute diminuiva visibilmente. Nel maggio del '41 ci fu una grave ricaduta. Venne ricoverato a Betlemme. Ritornato a Beitgemàl non fu più in grado di riprendere il lavoro. La sua presenza tuttavia continuava ad essere una fulgida  testimonianza. Ricorda il suo direttore don Luigi Laiolo: "Benché esausto di forze finché poté si recava  sovente in chiesa a passare ore ed ore davanti al Santissimo. Si era fatta mettere una sedia a metà scala per riposarsi, ed un'altra in cortile, dove durante la ricreazione amava stare seduto ad osservare i giovani a giocare e, cogliendo il momento opportuno, dire una buona parola a giovani e confratelli" (Summ., p. 253, n. 862). Si accorgeva di essere ormai alla fine. Ma "la morte non gli faceva paura. Il giorno in cui ricevette l'Estrema Unzione ringraziò tutti i presenti e poi: 'Adesso posso partire' "(Proc. Ap. p. 45). Si raccomandava volentieri ai suoi "angioletti". "Coraggio, Sig.Srugi,- gli disse, poco prima di morire, suor Tersilla  - quando morirà gli verranno incontro tutti gli angioletti che ha mandato in Paradiso". "I suoi occhi sfavillavano di gioia guardando il Crocifisso, piangendo  di consolazione"(Summ., p. 253, n. 863).
E furono gli angioletti gli unici testimoni della  sua morte, la quale lo colse nella notte del 27 novembre 1943, assente l'infermiere che dormiva nella stanza accanto.

PREGHIERA PER LA BEATIFICAZIONE

O Gesù, Verbo incarnato,
che da Nazareth al Calvario,
hai rivelato agli uomini
l’eterno amore del Padre
facendo del bene a tutti,
degnati di glorificare
il tuo umile concittadino
Simone Srugi,
esempio luminoso
della tua bontà e sollecitudine
verso i poveri e i sofferenti.
Fiduciosi nella tua misericordia
e nella sua intercessione,
ti preghiamo di concederci la grazia…
che di tutto cuore ti domandiamo.


Autore:
Don Pierluigi Cameroni, SDB


Note:
Per segnalare grazie o favori ricevuti per sua intercessione, oppure per informazioni, rivolgersi al Postulatore Generale della Famiglia Salesiana: [email protected]

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Aggiunto/modificato il 2018-04-02

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