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San Margarito Flores Garcia Sacerdote e martire

12 novembre

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Taxco, Messico, 22 febbraio 1899 - Tulimán, Messico, 12 novembre 1927

Nacque a Taxco, Guerrero (Diocesi di Chilapa) il 22 febbraio 1899. Parroco di Atenango del Río, Guerrero (Diocesi di Chilapa). I tre anni trascorsi nel ministero furono sufficienti per conoscere la sua indole sacerdotale. Il Vicario generale della Diocesi lo nominò vicario con funzioni di parroco di Atenango del Rio, Guerrero. Il Padre Margarito si mise all'opera. Fu scoperto, identificato come sacerdote, quando stava per giungere alla meta; fu imprigionato e condotto a Tulimán, Guerrero, luogo in cui venne dato l'ordine di fucilarlo. Il Padre Margarito chiese il permesso di pregare, si inginocchiò per qualche secondo, baciò il suolo e quindi, in piedi, attese gli spari che gli distrussero la testa e lo unirono per sempre a Cristo Sacerdote, il giorno 12 novembre 1927.

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nella città di Tulimán in Messico, san Margherito Flores, sacerdote e martire, che, durante la grande persecuzione contro la Chiesa, fu arrestato per il suo sacerdozio e coronato da glorioso martirio con la fucilazione.


Soltanto perché non potevano permettersi il lusso di pagargli la scuola, si erano opposti con tanta fermezza all’idea che uno dei loro figli entrasse in seminario. Per il resto, Germano Flores e Mercede García erano buoni e ferventi cristiani e non si sarebbero mai permessi di ostacolare una vocazione sacerdotale. Siamo in Messico, nel 1915, e precisamente a Taxco, Guerrero, nella diocesi di Chilapa, dove vivere non è sempre facile, specie in quel periodo e per far andare avanti una famiglia servono anche le braccia di un ragazzo di 14 anni. Che è però talmente convinto che quella del sacerdozio sia la sua strada, da mettersi in quattro per trovare da sé, presso sacerdoti e amici, i benefattori di cui ha bisogno per andare in seminario di Chilapa, dove studia senza farsi pregare; tutti gli riconoscono intelligenza e capacità non comuni e lui collabora per quanto può al suo mantenimento, tagliando barba e capelli a questo e a quello. Intraprendente e determinato, dunque, il ragazzino, che nel poco tempo libero si dedica anche con profitto alla scultura e alla pittura. Il 5 aprile 1924 è ordinato sacerdote e lo mandano subito ad esercitare il ministero nella parrocchia di Chilpancingo, dove rimane fino allo scoppio, nel 1926, della persecuzione religiosa. In quell’anno dovrebbe trasferirsi a Tecalpulco, ma la situazione è così incandescente e i preti sono così braccati e perseguitati che deve darsi alla macchia, vivendo per parecchio tempo tra i monti, patendo la fame e la sete fino a quando riesce a trovare rifugio nella casa paterna. Qui si ferma il meno possibile, cosciente dei pericoli che fa correre anche ai suoi familiari, e nei primi giorni del 1927 raggiunge Città del Messico, qualificandosi come medico e frequentando anche per alcuni mesi l’Accademia, dove perfeziona le sue inclinazioni artistiche. Ma nella capitale non resta con le mani in mano: oltre ad esercitare clandestinamente il suo ministero, insieme alla Lega Nazionale per la Difesa della Religione cerca di pacificare gli animi nel clima torrido della persecuzione religiosa che si sta respirando in tutto il Messico. Così facendo, finisce per esporsi troppo e con un bel gruppetto della Lega a giugno finisce in cella e vi resta per oltre un mese, tutto trascorso in preghiera e nel sostegno spirituale degli altri detenuti. A tirarlo fuori dal carcere ci pensa una famiglia amica, ma Padre Margarito ormai ha il presentimento che la sua sorte è definitivamente segnata. Ne parla apertamente, con serenità e fermezza, raddoppiando le preghiere e le occasioni per esercitare bene il suo ministero, consapevole che il tempo a sua disposizione si fa sempre più breve. E’ sicuramente questo il pensiero che lo accompagna in quel giorno di ottobre, quando celebra l’ultima messa nella capitale, poche ore prima della sua partenza per tornare in diocesi. È sicuramente la sua messa più sofferta, celebrata per ottenere il dono della pacificazione del suo amato Messico, durante la quale offre la propria vita perché non venga più sparso altro sangue innocente. Arrivato fortunosamente a Chilapa, non ha neppure il tempo di disfare le valigie che il vicario generale subito lo destina come parroco di Atenango del Rio. Si rimette in viaggio per raggiungere la sua nuova parrocchia , ma qui trova ad accoglierlo le truppe federali. Spogliato e lasciato con i soli indumenti intimi, picchiato e malmenato, viene trascinato fino a Tuliman a piedi nudi, circondato come un malfattore dalle guardie, che gli negano anche il conforto di un goccio d’acqua. Qui lo attende un processo sommario , al termine del quale è scontata la sua condanna a morte per il semplice motivo di essere un prete. Sceglie come luogo per essere fucilato il muro posteriore della chiesa e vi si dirige con assoluta serenità. È il 12 novembre 1927. Come ultimo desiderio chiede il tempo necessario per una breve preghiera e per baciare la sua amata terra messicana; il gesto non deve passare inosservato al plotone d’esecuzione, se una delle guardie gli si avvicina per sussurrargli una richiesta di perdono. “Non solo il mio perdono, ma anche la mia benedizione per tutti voi”: sono le ultime parole, prima che una raffica di pallottole gli fracassino il cranio. Padre Margarito Flores Garcia, il parroco massacrato a 28 anni a causa del suo ministero, è stato beatificato nel 1992 e proclamato santo il 21 maggio 2006.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2008-12-29

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