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Beato Pietro Capucci Sacerdote domenicano

21 ottobre

Città di Castello, PErugia, 1390 - Cortona, Arezzo, 21 ottobre 1445

Si offrì a Dio fin dalla giovinezza, entrando a quindici anni nel convento di Città di Castello, sua città natale. Studiò a Cortona, forse a Fiesole e a Foligno, avendo come condiscepolo s. Antonino. Fu religioso osservante e predicatore genuino, come li voleva san Domenico: nutrito alla meditazione dei misteri e formato nella penitenza, alieno da ricercatezze e leziosità, annunciatore convinto ed efficace della Parola di Dio. Nella sua meditazione e nella sua predicazione insisteva particolarmente sui "novissimi". Morì nel convento di san Domenico di Cortona.

Martirologio Romano: A Cortona in Toscana, beato Pietro Capucci, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che, meditando sulla morte, guidò se stesso alle realtà celesti e nella sua attività di predicazione esortò i fedeli a non cadere nella morte eterna.


Pietro Capucci nacque a Città di Castello nel 1390 da antica e nobile famiglia. Sentì presto la vocazione religiosa e, quindicenne, entrò nella fiorente comunità domenicana della sua città. Esemplare per costumi e impegno, venne ammesso dopo un anno alla professione dei voti religiosi. Proseguì quindi gli studi nell’importante convento di Cortona che, fondato nel 1230, fu tra i più solerti nell’aderire al movimento dei beati Giovanni Dominici e Raimondo da Capua per portare l’Ordine alla primitiva osservanza. Il beato Lorenzo da Ripafratta, che aveva seguito spiritualmente il giovane Pietro, era il maestro dei novizi pure di sant’Antonino Pierozzi e del beato Angelico. Mirabile incontro di santi!
Frate Pietro si distinse per uno zelo religioso davvero singolare. Digiunava, faceva penitenze, riduceva il sonno al minimo, amava la Sacra Scrittura, tenendo in disprezzo i beni del mondo. Certamente in questo influì una vicenda occorsa in Cortona in quegli anni: la tragedia di palazzo Casali. L’11 ottobre 1407 il governatore della città venne barbaramente assassinato dal nipote che gettò dalla finestra, tra la folla inorridita, il corpo insanguinato. Tra i beneficiati della città che piansero il governatore vi erano anche i domenicani che dovettero trasferirsi nel convento di Fiesole. Sant’Antonino narrò il nefasto evento nelle sue cronache.
Per la Chiesa erano i tempi difficili e tristi dello scisma avignonese. A Pisa, nel 1409, fu eletto l’antipapa Alessandro V, mentre Cortona veniva occupata dal re di Napoli Ladislao che fece, tra l’altro, imprigionare il sanguinario assassino del governatore. Pietro e compagni si trasferirono nella tranquilla Foligno, in territorio dipendente dal papa (Gregorio XIII) e lì stettero circa sei anni, durante i quali il Capucci fu ordinato sacerdote ed ebbe modo di mettere in pratica l’amore verso il prossimo. Assistette infatti i contagiati di un’epidemia, unendo al soccorso materiale quello spirituale, verso gli infelici, tra cui alcuni confratelli, che in quella circostanza persero la vita. Riaperto il convento di Cortona, vi fecero ritorno Frate Pietro, il Pierozzi e il Beato Angelico. Il nostro beato vi resterà per tutta la vita, i due compagni scriveranno in altri conventi pagine indelebili per la storia dell’Ordine e realizzeranno opere d’arte oggi patrimonio dell’umanità.
Il Beato Pietro cercò la perfezione evangelica per tutta la vita, senza mezze misure. La sua umiltà era d’esempio ai confratelli e quando si rese necessaria la costruzione di una nuova chiesa, egli, il dotto frate di origine nobile, si fece questuante per le strade della città, conquistando stima e affetto. Il suo apostolato fu generoso e fecondo. Fu padre, maestro e consigliere apprezzato in tutto il territorio di Cortona. In quegli anni Bernardino da Siena saliva in città per predicare e diverse volte il nostro beato ebbe la gioia di incontrarlo.
Frate Pietro ebbe come tema ricorrente delle sue omelie i “novissimi”, a quei tempi molto venerati. Portando con sé un teschio, parlavadella morte, non per incutere terrore, ma per spronare quanti vivevano lontani dalla fede. Iniziava il lavoro di conversione dal pulpito, per concluderlo poi nel confessionale. Al capezzale dei malati portava soccorso e conforto e cominciarono a fiorire sui suoi passi i miracoli: conversioni di peccatori incalliti, guarigioni (il braccio paralizzato di una donna), la salvezza per due condannati a morte. Avrebbe potuto raggiungere incarichi importanti, ma per umiltà preferì vivere soprattutto di preghiera. La sua carica maggiore la condivise nel priorato con s. Antonino Pierozzi e alla loro fattiva collaborazione si deve l’erezione della monumentale chiesa che ancora oggi a Cortona possiamo ammirare. Raccolse personalmente offerte, aiuti e un sussidio da Papa Eugenio IV. Commissionò all’amico beato Angelico la stupenda pala dell’Annunciazione e la lunetta sopra il portale d’ingresso dell’edificio. Nel 1438 ottenne da Cosimo de’ Medici la pala dell’altare maggiore del convento di s. Marco di Firenze.
Dopo breve malattia, tra il compianto dei confratelli e di tutta Cortona, spirò il 21 ottobre 1445 a cinquantacinque anni, di cui quaranta vissuti da religioso.
Il corpo fu posto nella sala capitolare ma, secondo la consuetudine, nella terra, senza imbalsamazioni. Si commissionò però un ritratto. Dopo circa settant’anni, perdurando la fama di santità, si riesumarono le ossa per collocarle in un’urna su cui vennero dipinti fatti e miracoli salienti della sua vita, da Tommaso Bernabei, detto Papascello, allievo di Signorelli. Nel 1597 si rinnovò l’urna, conservando però le antiche tavolette del Papascello. Nel 1746 una nuova cassetta raccolse le reliquie che per l’occasione furono portate in processione solenne per la città. Nel 1786, quando i frati vennero espulsi dal convento, le spoglie, su interessamento del duca di Parma Ferdinando I Borbone, Infante di Spagna, furono portate a Colorno. Il duca era un suo grande devoto. Nel 1814 le spoglie tornarono a Cortona, nella chiesa di s. Domenico, che era anche parrocchia. Sono ora poste nella mensa dell’altare maggiore, sotto il polittico di Lorenzo di Niccolò che proprio il beato aveva fatto giungere in chiesa. Il 16 maggio 1816 papa Pio VII confermò il culto “ab immemorabili”. Appena conclusa la Seconda Guerra mondiale, la sera del 21 ottobre nel 1945, l’urna con il corpo del beato fu portata in solenne processione per le strade della città.


Autore:
Daniele Bolognini

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Aggiunto/modificato il 2007-10-15

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