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Santi Clemente di Ochrida, Gorazdo, Nahum, Saba e Angelario Apostoli della Bulgaria

27 luglio

IX-X secolo

Nulla sappiamo della sua nascita e della giovinezza. Compare in scena quando nel IX secolo l'imperatore Michele III di Costantinopoli manda al principe Rastislav di Moravia, come evangelizzatori da lui richiesti, i fratelli Cirillo e Metodio, originari di Salonicco. Con loro c'é anche Clemente, che si occupa di adattare la liturgia d'Oriente alle popolazioni cristianizzate. Costretto a fuggire dalla Pannonia verso la Bulgaria per impulso di un vescovo nemico del "rito slavo", qui Clemente lavora a semplificare l'alfabeto cirillico per facilitarne lo studio; e, verso l'865, converte al cristianesimo il re Boris, che lascerà poi il trono entrando in un monastero. Il suo secondo successore, Simeone, incoraggia l'opera missionaria, e nell'893-894, nomina Clemente "primo vescovo di lingua bulgara", mettendolo a capo della diocesi di Belika. Ma il suo pensiero va spesso a Ochrida, dove fa nascere un monastero che poi visita spesso. Invecchiando, è lì che vorrebbe ritirarsi. Ma non può: la voce generale lo vuole sempre vescovo a Belika. A Ochrida è poi sepolto, in una tomba che diviene luogo di venerazione popolare. San Clemente viene ricordato il 27 luglio e in alcuni luoghi anche il 25 novembre. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Ohrid nell’Illirico, nell’odierna Macedonia, san Clemente, vescovo di Drama, che, inisgne per cultura e conoscenza delle sacre lettere, portò al popolo dei Bulgari la luce della fede. Insieme a lui vengono commemorati i santi vescovi Gorazdo, Nahum, Saba e Angelario, che proseguirono in Bulgaria l’opera dei santi Cirillo e Metodio.


La Bulgaria, antica nazione slava dell’Europa orientale, venera “Sette Santi Apostoli” quali principali fautori dell’evangelizzazione del suo popolo. I loro nomi sono: Cirillo, Metodio, Clemente, Nahum, Saba, Gorazd ed Angelario.
I primi due, fratelli nel sangue oltre che nella fede, festeggiati al 14 febbraio, risulteranno celeberrimi al grande pubblico soprattutto in seguito alla loro proclamazione a compatroni d’Europa da parte di papa Giovanni Paolo II, che volle così mettere in risalto l’importanza del mondo slavo di cui furono apostoli, da lui considerato uno dei due indispensabili polponi spirituali del continente europeo; gli altri cinque santi, discepoli dei due precedenti, sono invece commemorati dal Martyrologium Romanum in data odierna, che li cita quali vescovi continuatori in terra bulgara dell’opera di Cirillo e Metodio.
Occorre però ripercorrere brevemente la storia dell’immane opera intrapresa dai due fratelli, quale preambolo alle purtroppo assai scarse notizie tramandate circa ciascuno dei loro cinque discepoli.
Loro grande merito fu l’essersi adattati ai popoli da evangelizzare con metodi missionari che, pur pienamente approvati del papa, suscitarono tra i cristiani greci e latini non poche opposizioni. L’aver creato un nuovo alfabeto, che in seguito prese il nome di cirillico appunto da San Cirillo, offrendo al mondo slavo unità linguistica e culturale, con la traduzione della Bibbia, del Messale e del rituale liturgico, è un merito che nessuno nega loro. Ciò poté avvenire grazie al prezioso supporto loro offerto dal principe moravo San Rostislavo, recentemente canonizzato quale martire dalla Chiesa Ortodossa Ceca. Accusati di scisma e di eresia, Cirillo e Metodio dovettero recarsi a Roma, dove però vennero accolti con molta soddisfazione dal pontefice Adriano II, che chiese loro di officiare i santi misteri in lingua slava dinanzi a lui stesso. Cirillo, monaco, morì a Roma il 14 febbraio 869, mentre Metodio divenne arcivescovo della Pannonia con sede nella città oggi serba di Sirmio, ritornando così ad occuparsi dei popoli slavi. Quasi sino alla sua morte, avvenuta il 6 aprile 885, dovette lottare per far accettare l’utilizzo liturgico dello slavo, che venne usato nel suo rito funebre unitamente al greco e al latino.
Tra i loro seguaci e compagni di apostolato, il più celebre è sicuramente Clemente di Ochrida, città oggi in territorio macedone che a quel tempo apparteneva però alla Bulgaria. Clemente stesso si trovò ad affrontare i forti dissidi con gli evangelizzatori latini nel mondo slavo e costretto a fuggire dalla Pannonia verso la Bulgaria per impulso di un vescovo nemico del “rito slavo”. Aiutato da un uomo cui aveva miracolosamente resuscitato il figlio, toccò Belgrado, poi attraversò il Danubio. Ma per lui la Bulgaria non fu solo un rifugio, ma si rivelò un vero p proprio nuovo campo di azione. Qui lavorò per semplificare l’alfabeto cirillico in modo da facilitarne lo studio e, verso l’865, convertì al cristianesimo il re Boris, poi venerato come San Boris Michele I, che lasciò poi il trono per farsi monaco. Il suo secondo successore, lo zar Simeone I, incoraggiò l’opera missionaria, e verso l’893-894, nominò Clemente “primo vescovo di lingua bulgara”, ponendolo a capo della diocesi di Belika. Il pensiero del santo volgeva però spesso ad Ochrida, ove face sorgere un monastero che sovente ebbe modo di visitare e che scelse quale luogo di ritiro per la sua vecchiaia. Il popolo però si oppose alla sua scelta, non volendosi privare del suo santo pastore che aveva arricchito la diocesi di un giovane clero locale, istruito e formato personalmente. A Ochrida non gli restò che essere infine sepolto, alla sua morte avvenuta nel 916, in una tomba che divenne subito luogo di devozione popolare.
Con Clemente anche altri compagni si erano trovati costretti a scappare dalla Moravia. Il principale di essi è Nahum, il cui nome è anch’esso legato alla città di Ochrida, e della cui vita abbiamo notizie principalmente dalla biografia di Clemente. Con quest’ultimo trovò ospitalità presso il re Boris, ma solo Nahum si fermò a lungo a Preslav, allora capitale bulgara, ove risiedette per sette anni nel monastaro di San Pantaleone fondato per volere del sovrano, dedicandosi alla formazione dei suoi discepoli. Fu poi anch’egli destinato all’opera di evangelizzazione della Macedonia bulgara e, sulle rive del “lago bianco”, intraprese la fondazione del monastero di Ochrida dedicandolo a San Michele Arcangelo. Nahum lavorò così per altri sette anni nella Bulgaria occidentale, poi ormai stremato si ritirò nel monastero cui aveva dato origine e dopo dieci anni, il 23 dicembre 910, spirò. Come è facile immaginare trovò degna sepoltura nel monastero a lui tanto caro, con esequie presiedute dal vescovo Clemente.
Abbiamo poi San’Angelario, che re Boris fece ospitare da un nobile locale. Dedicatosi anch’egli al diffondere in lingua slava la liturgia, la Bibbia e scritti ascetici, morì infine in data imprecisata. Le sue reliquie di Sant’Angelario riposano presso Berat in Albania, insieme con quelle di San Goradz, altro compagno del quale nessuna notizia particolare ci è stata tramandata. Infine troviamo San Saba, da non confondere con l’omonimo primo arcivescovo serbo, che morì poco dopo il suo arrivo in terra bulgara.
La venerazione per questi santi è comune alle Chiese d’Oriente e d’Occidente. Il martirologio cattolico commemora infatti insieme al 27 luglio i Santi Apostoli della Bulgaria, mentre il calendario della Chiesa Bulgara dedica loro anche delle feste singole in date differenti.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2007-07-21

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