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Beato Giuseppe Antonio Tovini Terziario francescano

16 gennaio

Cividate Camuno, Brescia, 14 marzo 1841 - Brescia, 16 gennaio 1897

"Le nostre Indie sono le nostre scuole". Voleva diventare missionario il beato bresciano Giuseppe Tovini. E nei suoi 55 anni di vita (nacque a Cividate Camuno nel 1841 e morì a Brescia nel 1897) fu un apostolo nei campi più diversi del sociale: la scuola, appunto, e poi l'avvocatura, il giornalismo, le banche, la politica, le ferrovie, le società operaie, l'università. Dopo gli studi, lavorò presso l'avvocato bresciano Corbolani. Ne sposò la figlia Emilia, con cui ebbe 10 bambini. Innumerevoli le cariche che ricoprì e le istituzioni cui diede vita: sindaco, consigliere provinciale e comunale, presidente del Comitato diocesano dell'Opera dei congressi; fondatore di casse rurali, della Banca San Paolo di Brescia, del Banco Ambrosiano di Milano, del quotidiano «Il Cittadino di Brescia» e della rivista «Scuola italiana moderna», di varie altre opere pedagogiche e dell'«Unione Leone XIII», che sfocerà nella Fuci. Attività che traevano linfa da un'intensa vita spirituale di stile francescano (era terziario). (Avvenire)

Martirologio Romano: A Brescia, beato Giuseppe Antonio Tovini, che, maestro, aprì molte scuole cristiane e fece costruire opere pubbliche, dando sempre, in ogni sua attività, testimonianza di preghiera e di virtù.


 

La scelta laicale e matrimoniale

Giuseppe Antonio Tovini nasce a Cividate Camuno, in Valle Camonica, il 14 marzo 1841. Studia a Lovere, in provincia di Bergamo, e a Verona, dove frequenta le ultime due classi del liceo presso il Collegio Mazza, e si laurea in giurisprudenza all’università di Pavia il 15 agosto 1865. Ancora a Lovere, nello stesso anno, comincia l’attività professionale e assume l’incarico di vicedirettore e professore del Collegio Municipale, dove era stato studente. Due anni dopo si trasferisce a Brescia presso lo studio dell’avvocato Giordano Corbolani, suo futuro suocero. Qui si svolgerà definitivamente la sua attività professionale di avvocato e qui maturerà la sua vocazione al matrimonio con Emilia Corbolani, contrastata, negli anni della giovinezza, da una lunga e penosa fase d’incertezza fra lo stato religioso e quello matrimoniale. Nel gennaio del 1875, il giorno dell’Epifania, sposerà finalmente Emilia, di dodici anni più giovane di lui, con la quale costituirà una famiglia esemplare allietata dalla nascita di dieci figli. Le lettere alla fidanzata e alla moglie, durante le numerose assenze da casa per motivi professionali e di apostolato, costituiscono una testimonianza di come Tovini avesse scelto il matrimonio come strumento di santificazione.

La militanza cattolica e la vita politica

Proveniente da una famiglia di condizioni economiche modeste, Tovini sarà costretto a lavorare fino al termine della vita per mantenere la sua famiglia senza potersi dedicare interamente all’attività apostolica. Tuttavia, ciò non gli impedirà di diventare uno dei principali dirigenti locali e nazionali dell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici, della quale sarà presidente diocesano e vicepresidente a livello nazionale, e di essere il primo consigliere comunale cattolico eletto nel Comune di Brescia oltre che per lunghi anni membro del consiglio provinciale della stessa città.

La sua vita politico-amministrativa era cominciata nel 1871 con la nomina a sindaco di Cividate, il suo paese d’origine, incarico che terrà per tre anni, ed era continuata con l’elezione a consigliere provinciale del mandamento di Pisogne, in provincia di Brescia, nel 1879. Ma il centro della sua battaglia politica si svolge a Brescia contro la dominazione laicista che guidava i consigli comunale e provinciale della città dall’unificazione d’Italia, sotto il controllo di Giuseppe Zanardelli (1826-1903), esponente di grande rilievo nazionale della sinistra liberale, acceso anticattolico, ministro guardasigilli e presidente del Consiglio, oltre che "padrone" assoluto della politica bresciana.

Erano gli anni successivi all’unificazione del paese, compiutasi nel 1870 con la conquista di Roma. Erano anni difficili soprattutto per i cattolici, che vedevano la patria guidata politicamente da un gruppo liberale ostile alla Chiesa e il Papa prigioniero in Vaticano, che non potevano partecipare alle elezioni politiche per il divieto della Santa Sede, ma che cominciavano a organizzarsi per cercare di guidare i Comuni attraverso la partecipazione alle elezioni amministrative. Vissuto nel periodo a cavallo di queste trasformazioni, Tovini incarna il caso di coscienza dei cattolici italiani. Certamente non nostalgico del periodo in cui la sua terra faceva parte dell’impero asburgico in conseguenza del giurisdizionalismo che aveva contraddistinto la politica ecclesiastica austriaca almeno fino al Concordato del 1855 e che l’aveva resa invisa a molti cattolici, non aveva potuto peraltro non notare il carattere apertamente liberale e anticattolico svelato dalla Rivoluzione italiana dopo il 1848. Così, nel 1880, promuove con altri cattolici bresciani l’Associazione Elettorale Cattolica e due anni dopo viene eletto primo e unico consigliere al Comune di Brescia, e nel 1895, due anni prima della morte, si compirà il trionfo politico con la definitiva sconfitta degli zanardelliani e la conquista della maggioranza del Comune e della Provincia da parte dei cattolici alleati ai liberali moderati. La vittoria lascerà un segno duraturo nella storia politica di Brescia, con il consiglio provinciale guidato da questa alleanza per un trentennio e con un periodo, dal 1913 al 1920, in cui su sessanta consiglieri uno soltanto fra i continuatori della politica di Zanardelli riuscirà a essere eletto.

Ma le vittorie politiche, conquistate dopo un lungo periodo d’incubazione, erano il frutto di un grande lavoro nel corpo sociale, di cui Tovini è stato uno dei principali attori.

Il campo pedagogico e scolastico è quello nel quale Tovini spende le sue migliori energie, tanto che nel 1888 il Comitato Permanente dell’Opera dei Congressi apre a Brescia la Terza Sezione, appunto dedicata all’istruzione e all’educazione, e ne affida la direzione a Tovini. Nello stesso anno, il Governo fa chiudere il Collegio dedicato al nobile bresciano venerabile Alessandro Luzzago (1551-1602), che Tovini aveva fondato nel 1882; ed egli intraprende la battaglia per la sua riapertura, finalmente ottenuta nel 1894 sotto il nome del poeta neoclassico bresciano Cesare Arici (1782-1836). Frattanto, nel 1888, aveva fondato l’Opera per la Conservazione della Fede nelle Scuole in Italia e nel 1891 la dotava di un periodico, Fede e Scuola. Nel 1893 fonda una Lega d’Insegnanti Cattolici e il 5 aprile dello stesso anno Scuola Italiana Moderna, primo periodico a livello nazionale di carattere pedagogico e didattico, tuttora pubblicato.

Ma l’azione di Tovini non si manifesta soltanto nella vita politico-amministrativa e nella scuola. Fra le iniziative più importanti e ricche di conseguenze nella storia italiana vi sono, nel settore economico-finanziario, la fondazione della Banca di Valle Camonica, nel 1872, della Banca San Paolo di Brescia, nel 1888, e del Banco Ambrosiano, nel 1896; in quest’ultima iniziativa, quasi al termine della sua esistenza terrena, Tovini impegnerà tutte le sue forze — secondo quanto riportato da un suo biografo, il padre oratoriano Antonio Cistellini — per difendere la scelta che la banca avesse anzitutto finalità apostoliche a sostegno delle opere del movimento cattolico e della scuola in particolare, contro chi la voleva banca d’affari caratterizzata anzitutto dal momento economico. Preoccupato della possibilità che la Chiesa perda il contatto con le masse operaie in crescita con lo sviluppo dell’industrializzazione, Tovini promuove la fondazione di Società Operaie Cattoliche a Lovere e a Brescia, esportandole successivamente anche nella valli circostanti, e di tali società sarà presidente per qualche tempo, mentre nel 1885 propone la fondazione dell’Unione Diocesana delle Società Agricole e delle Casse Rurali.

Cattolico intransigente

Giuseppe Tovini appartiene a quella componente del movimento cattolico italiano che viene definita intransigente, nel senso di indisponibile a scendere a patti con il Governo nato dall’occupazione violenta di Roma da parte dell’esercito del Regno d’Italia, il 20 settembre 1870. Soprattutto negli ultimi anni della vita si avvicina alle posizioni del presidente dell’Opera dei Congressi Giambattista Paganuzzi (1841-1923), rigidamente astensioniste e accusate da Giuseppe Toniolo (1845-1918) e da Stanislao Medolago Albani (1851-1921) di esasperato accentramento e d’insensibilità verso la questione sociale. Ciò tuttavia non impedisce a Tovini di continuare a collaborare a Brescia anche con chi, nel movimento cattolico locale, aveva sensibilità politica diversa, come Giorgio Montini (1860-1943), ma soprattutto di dare a tutti quanti lo frequentano l’impressione di una vita cristiana vissuta ai limiti dell’eroismo, soprattutto negli ultimi dieci anni, quando verranno a maturazione molte opere precedentemente iniziate e dovrà farvi fronte nonostante il progredire della malattia polmonare che lo stroncherà, a soli cinquantacinque anni, il 16 gennaio 1897.

"[...] con Giuseppe Tovini salirà sull’altare la santità dell’azione", si legge su L’Osservatore Romano del 26-27 maggio 1947, un’azione impregnata della vita interiore classica dei cattolici dell’Ottocento — meditazione, devozione mariana, adorazione eucaristica — attraverso la quale Tovini è stato condotto dalla grazia di Dio a meritare di diventare un modello per tutti i cristiani. Infatti, la causa di beatificazione introdotta l’8 maggio 1948 con il processo ordinario diocesano, continuata con il decreto d’introduzione della Causa presso la Congregazione delle Cause dei Santi da Papa Paolo VI (1963-1978) il 14 aprile 1977 e con la proclamazione dell’eroicità delle virtù da parte di Papa Giovanni Paolo II il 6 aprile 1995, si è conclusa domenica 20 settembre 1998 quando lo stesso Sommo Pontefice lo ha proclamato beato nella "sua" Brescia. Nell’omelia pronunciata in occasione della Messa per la beatificazione del servo di Dio celebrata nello Stadio Rigamonti di Brescia, Papa Giovanni Paolo II così lo descrive: "Fervente, leale, attivo nella vita sociale e politica, Giuseppe Tovini proclamò con la sua vita il messaggio cristiano, fedele sempre alle indicazioni del Magistero della Chiesa. Sua costante preoccupazione fu la difesa della fede, convinto che — come ebbe ad affermare in un congresso — "i nostri figli senza la fede non saranno mai ricchi, con la fede non saranno mai poveri". Visse in un momento delicato della storia italiana e della stessa Chiesa ed ebbe chiaro che non era possibile rispondere in pieno alla chiamata di Dio senza una dedizione generosa e disinteressata alle problematiche sociali.

"Ebbe uno sguardo profetico, rispondendo con audacia apostolica alle esigenze dei tempi che, alla luce delle nuove forme di discriminazione, richiedevano dai credenti una più incisiva opera di animazione delle realtà temporali".

Un santo laico, sposato, padre di dieci figli, impegnato nella vita politica e amministrativa, combattente per la libertà di educazione, fondatore di banche e di società operaie, offerto agli uomini di oggi così bisognosi di modelli da imitare e non soltanto da ammirare. La sua straordinaria capacità d’intuire e di costruire opere, di agire contemplando nel mistero divino la finalità ultima della sua azione, di rispettare e di farsi rispettare dai nemici della Chiesa e suoi senza mai cessare di combattere la buona battaglia con meravigliosa tenacia, rimane nella storia del movimento cattolico e della nazione italiana a indicare la possibilità d’incontrare la comunione con il Verbo Incarnato anche nella fatica dell’azione politica e sociale. Il sacerdote bresciano don Livio Rota illustra felicemente il segreto della sua santità: "La vena che alimentò la sua vita religiosa fu il primato del soprannaturale, la preminenza dell’interiorità: con felice e sintetica intuizione è stato scritto di lui che la fede fu la forma del suo carattere e l’essenza della sua personalità. Il movente della sua frenetica attività è individuabile nel suo essere uomo di Dio, un’anima orante: la preghiera non fu certo in lui l’acquiescenza ad un banale e pigro provvidenzialismo, bensì lo stimolo ad un esame accurato dei problemi e delle esigenze del momento e ad un’azione ancora più intensa e puntuale. La passione apostolica infusa nell’affrontare le gravi questioni sociali del suo tempo scaturisce da questo punto focale indiscutibile: una vita di fede che diventa eloquente poi nelle pratiche religiose del suo tempo e nelle realizzazioni concrete a tutti note".

Autore: Marco Invernizzi

 


 

 

Ecco un laico impegnato nell’apostolato, partecipe dei fermenti politici, religiosi, culturali del suo tempo, in una Brescia in continua evoluzione storica.
Giuseppe Tovini nacque a Cividate Camuno, nella provincia bresciana il 14 marzo 1841, primo di sette fratelli; ebbe sin dall’infanzia un’educazione particolarmente austera, secondo le tradizioni religiose e morali del luogo, influenzate da un sottile giansenismo, diffuso un po’ dovunque in Val Camonica e nel suo paese.
A ciò si aggiunse la ferrea disciplina delle scuole elementari frequentate a Cividate e poi a Breno. Nel 1852 a 11 anni, entra nel Collegio municipale di Lovere dove rimane per sei anni, ma le condizioni economiche della famiglia, non gli permettono più di restare a continuare gli studi intrapresi; interviene in aiuto uno zio sacerdote che gli fa ottenere un posto gratuito presso il Collegio per giovani poveri, fondato a Verona dal Servo di Dio don Nicola Mazza.
Nel luglio 1859 gli muore il padre e lui si trova a 18 anni con cinque fratelli minori da mantenere, con una situazione economica disastrosa. Abbandona così l’idea di farsi missionario, dopo lunga e sofferta meditazione sul proprio stato; per tutti era chiaro, data la sua vita di giovane integerrimo e religioso, che si sarebbe fatto sacerdote, quindi fu grande meraviglia quando Giuseppe Tovini, conseguita la licenza liceale nel 1860, si scrive come privatista alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova, per gli anni 1860-64.
Un sacerdote lo aiuta a rimanere ospite del collegio “Mazza”, trovandogli un lavoro presso lo studio di un avvocato; il piccolo stipendio viene arrotondato dando lezioni private. Il 7 agosto 1865, si laurea brillantemente, ma la gioia è offuscata dalla perdita della mamma, avvenuta cinque mesi prima; la laurea fu presa all’Università di Pavia, dove si era trasferito un anno prima, sembra per avere un titolo valevole nel territorio del Regno d’Italia.
Si mette a lavorare presso gli studi di un avvocato e di un notaio di Lovere, mentre ha anche il compito di vicerettore e professore nel Collegio municipale locale, questo incarico durerà due anni, con la soddisfazione di tutti; si distingue perché è il solo a recitare le preghiere prima e dopo le lezioni e far la Comunione ogni domenica.
Nel 1867 si trasferisce a Brescia, dove divenuto avvocato, entra nello studio dell’avv. Corbolani in via Palazzo Vecchio, e qui poi prende la decisione definitiva della sua vita, scegliendo il matrimonio.
Il 6 gennaio 1875 si unisce in matrimonio con Emilia Corbolani, figlia del titolare dello studio dove lavora. Dalla loro unione nascono ben 10 figli, di cui uno diverrà sacerdote e due religiose; si dimostra padre affettuoso e premuroso, educatore attento ad inculcare nei figli i principi della morale cattolica, inflessibile nel reprimere le deviazioni.
Dal 1871 al 1874 viene eletto sindaco di Cividate, che poi gli dedicherà un monumento nella piazza, promuove varie iniziative per attuare opere pubbliche, sgrava il Comune dai molti debiti; fonda nel 1872 la Banca di Vallecamonica in Breno, di cui stende lo Statuto; inizia gli studi per un collegamento ferroviario che va da Brescia ad Edolo, per risollevare l’economia della Valle, opera che sarà realizzata dopo la sua scomparsa.
Sempre seguito e consigliato da dotti e santi sacerdoti, partecipa alla Fondazione del quotidiano “Il Cittadino di Brescia” pubblicato dal 13 aprile 1878, di cui diventa amministratore; sempre dal 1878 diviene Presidente del Comitato diocesano dell’Opera dei Congressi e da lì in poi, il suo ruolo nelle attività e iniziative istituite dalla diocesi, diviene di primaria importanza; percorre tutta la Provincia per promuovere ben 145 comitati parrocchiali.
Si candida come cattolico alle elezioni amministrative, venendo eletto come consigliere provinciale e poi dal 1882 consigliere comunale di Brescia, incarico che terrà fino alla morte. Per brevità di spazio si omette di descrivere tutte le innumerevoli iniziative ed istituzioni da lui ispirate, promosse, fondate in Brescia e Lombardia, come pure a livello nazionale, nel campo della scuola, della stampa, istituti di credito, opere pie, assistenziali, caritative, sociali.
La preoccupazione di una sempre più profonda presenza della Chiesa nel mondo del lavoro, lo induce a partire dal 1881, a fondare le ‘Società Operaie Cattoliche’ che cominciando da Lovere si estenderanno in tutta la Lombardia, tanto che nel 1887 queste fiorenti Società possono celebrare il loro primo congresso.
Nel 1885 propone la fondazione dell’ “Unione diocesana delle società agricole e delle Casse Rurali”; nel 1888 fonda a Brescia la ‘Banca S. Paolo’ e nel 1896 a Milano il ‘Banco Ambrosiano’.
Nel 1882 fonda l’asilo “Giardino d’Infanzia di S. Giuseppe” e il collegio “Ven. A. Luzzago”; il Patronato degli Studenti nel 1889; l’Opera per la conservazione della fede nelle scuole d’Italia, nel 1890.
Nel 1892 promuove l’erezione di Circoli universitari cattolici, collabora alla fondazione della “Unione Leone XIII” di studenti bresciani, da cui nascerà la FUCI. Nel 1893 fonda la rivista pedagogica e didattica “Scuola Italiana Moderna”, primo periodico cattolico a diffusione nazionale per i maestri.
L’educazione cristiana, l’azione pedagogica, la scuola, costituiscono la sua opera preminente, per questa si sente apostolo e missionario, dice: “ le nostre Indie sono le nostre scuole”.
Il dinamismo di Giuseppe Tovini si rivela veramente sorprendente, se si considera la sua gracile costituzione fisica e le cagionevoli condizioni di salute, che a partire dal 1891, andranno man mano peggiorando. Egli oltre ciò che è stato detto, fu soprattutto uomo di Dio, la sua pietà, il suo ritmo di vita devoto, il suo fervore eucaristico, la devozione alla Madonna, lo spirito e la visione francescana da terziario della vita, il profondo ‘senso della Chiesa’, non sono divisi dall’esercizio eroico delle virtù teologali e cardinali.
L’avvocato bresciano, dopo aver percorso il suo cammino terreno di apostolo laico, muore a soli 55 anni il 16 gennaio 1897. La sua salma il 10 settembre 1922 fu solennemente traslata dal cimitero alla chiesa di S. Luca in Brescia, dove riposa tuttora.
L’8 maggio 1948 si aprirono i processi per la sua beatificazione, conclusasi con la solenne cerimonia della proclamazione, celebrata da papa Giovanni Paolo II a Brescia, il 20 settembre 1998.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2013-01-24

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