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Beato Giacomo Villa l'Elemosiniere Terziario dei Servi di Maria, martire

15 gennaio

Città della Pieve, Perugia, 1260 circa - 15 gennaio 1304

Visse tra il 1270 e il 1304 a Città della Pieve. Era di famiglia ricca e nel tempo maturò la convinzione che l'invito evangelico a donare tutto ciò che si possiede non fosse solo un consiglio ma l'unica via per la salvezza. Laureato in giurisprudenza si fece carico delle cause dei poveri, quelle che non portavano alla fama o alla ricchezza, ma solo al ristabilimento della giustizia. Con i suoi beni sistemò una struttura vicino a una chiesa come casa per i bisognosi. L'opera crebbe e attirò le brame dell'allora vescovo di Chiusi, che, bloccato dalla Curia Romana nel progetto d'impossessarsi di quei beni, decise di vendicarsi facendo uccidere Giacomo. Era la sera del 15 gennaio 1304. Pio VII nel 1806 ne confermò il culto immemorabile.

Martirologio Romano: A Città della Pieve in Umbria, beato Giacomo, detto l’Elemosiniere, giurisperito che si fece avvocato dei poveri e degli oppressi.


Anche un vescovo può trasformarsi in assassino: questo succede (o, meglio, succedeva) quando il denaro acceca la mente e diventa l’unica dimensione di vita, non lasciando più spazio a nessun sentimento. Illustre vittima (forse non l’unica) di questo vescovo senza scrupoli fu Giacomo da Città della Pieve. Nonostante l’iconografia si ostini a rappresentarlo anziano, sicuramente è morto non ancora quarantenne, riuscendo a compiere nei brevi anni concessigli un’intensa attività caritativa. Nasce a Città della Pieve verso il 1270 e dei suoi primi anni poco o nulla si sa, se non che è abituale frequentatore della chiesa dei Servi di Maria, poco distante da casa sua. Ed è proprio qui che un giorno, alla proclamazione del vangelo secondo Luca nel quale Gesù ammonisce che “chi non rinunzia a tutto quello che possiede, non può essere mio discepolo”, prende la decisione eroica di dedicarsi interamente ai poveri. Si tratta di una “vocazione” neppure tanto originale, dato che sono molti i santi (uno fra tutti, sant’Antonio Abate) di cui si racconta un simile episodio. Forzatura agiografica o non piuttosto capacità (smarritasi nel tempo) di ascoltare, lasciarsi interpellare e convertire dal Vangelo? Certamente la scelta di Giacomo non è improvvisata, per cui l’avvenimento, se realmente accaduto, non è che il coronamento di un lungo percorso, iniziato proprio in quella chiesa dei Serviti. Il giovane Giacomo a Siena si laurea brillantemente in giurisprudenza; ben presto diventa l’avvocato dei poveri, che assiste gratuitamente, assumendo tutte le cause che “non rendono” e che, a poco a poco, lo fanno schierare dalla parte dei diseredati e di quelli che non contano, per difenderli dai soprusi dei nobili e dei prepotenti. Tra questi ultimi si distingue il vescovo di Chiusi, per il quale l’attrazione delle ricchezze è sicuramente maggiore di ogni preoccupazione pastorale. Giacomo, convertito o illuminato da quel versetto evangelico, ha deciso di utilizzare tutti i suoi beni per ristrutturare una chiesa con attiguo edificio, da trasformare in ospizio. Qui accoglie, sfama, nutre, cura, fascia, assiste fino alla morte, poveri, anziani e senzatetto. Tutto, naturalmente, all’insegna della più completa gratuità e unicamente “per amor di Dio”, attingendo per il necessario dai suoi beni di famiglia che ha donato all’ospizio e dalle elargizioni dei suoi concittadini. Che questo “tesoro dei poveri” acquisti ad un certo punto proporzioni significative ed allettanti lo possiamo desumere dal fatto che un bel giorno l’ingordo vescovo di Chiusi cerca di impadronirsene. Convinto che la carità debba andare a braccetto con la giustizia, Giacomo vuole impedire questa appropriazione indebita di beni che appartengono esclusivamente ai poveri: rispolvera così le sue conoscenze di giurisprudenza, ritorna per un momento avvocato e si appella alla curia romana, che gli dà ragione e lascia con un palmo di naso il rapace vescovo. Che però non si rassegna e, volendo vendicarsi per lo smacco subìto; invita Giacomo nel vescovado di Chiusi, con la scusa di riappacificarsi con lui, ma quando questi riprende la strada del ritorno verso Città della Pieve, lo fa assassinare da due sicari il 15 gennaio 1304. Il servitore e l’avvocato dei poveri è subito venerato come martire della giustizia e della carità, ma devono passare più di 5 secoli prima che la Chiesa, nel 1806, approvi il culto e riconosca il titolo di “beato” a Giacomo l’Elemosiniere.

Autore: Gianpiero Pettiti
 


 

Giacomo, figlio di Antonio da Villa e di Mostiola, è nato a Città della Pieve in Umbria nel 1270. Educato sin da piccolo alla fede cristiana, certamente l’esempio di carità dei suoi genitori ha temprato il suo carattere ad una carità profonda e sincera verso i più poveri. Timorato di Dio volentieri e spesso partecipa alla preghiera e alla liturgia nella vicina Chiesa dei Servi di Maria.
Con serietà e grande attitudine si impegna nello studio; secondo alcuni indizi sembra abbia frequentato nella città di Siena le discipline di lettere e di diritto, riuscendo in ambedue in breve tempo e ottimo profitto.
Già da giovane si occupa dei poveri e degli ammalati dimostrando una carità eroica, e, come avvocato, non risparmia alcuna fatica nel difendere i diritti degli orfani, delle vedove, dei bisognosi e dei perseguitati. Coerente con la sua fede non ha paura di alcun ostacolo nella difesa della verità e della giustizia.
Devoto della Madonna, conquistato dal carisma dei sette laici fiorentini che si posero al servizio della Vergine, si sente chiamato alla comune vocazione, decide così di farsi Terziario dei Servi di Maria. Senz’altro avrà incontrato qualcuno di essi ancora vivente e San Filippo Benizi, e da questi in persona avrà sentito parlare di questa chiamata della Benedetta, che tra tutti gli uomini ne ha scelti alcuni perché si ponessero al suo particolare servizio.
Conquistato dal Comandamento nuovo di Gesù, fondamento del carisma servitano, egli dedica tutta la sua esistenza ad amare Dio e il prossimo, e particolarmente colpito da quel versetto dove Gesù dice: << Se qualcuno non rinunzia a tutto quello che possiede, non può essere mio discepolo >>, ritenendolo rivolto a lui egli lascia ogni cosa per il regno dei cieli.
A sue spese restaura la chiesa e l’ospizio fuori della porta della città e li accoglie i più diseredati, servendoli con straordinaria carità: da loro da mangiare, ne medica le piaghe, offre loro ogni servizio più umile. Mai rifiutandosi di aprire il suo cuore e la sua casa ad ogni povertà, è semrep pronto a dare amore ed elemosine, così da essere chiamato da tutti l’elemosiniere.
Il vescovo di Chiusi, potente signore del luogo, pretende di usurpare i beni dell’ospizio. Questo avrebbe danneggiato i poveri la ospitati, e Giacomo, come sempre coerente difensore della giustizia e dei poveri, ricorse contro l’usurpatore appellandosi ai giudici della curia romana ed ebbe nella sua difesa esito felice. A questo punto l’usurpatore, con il pretesto di un incontro di pacificazione, lo invita a Chiusi e mentre Giacomo ritorna vrso il suo ospizio, lo fa uccidere da due sicari. È il 15 gennaio 1304, quando muore martire innocente di carità e giustzia, nella difesa dei poveri e degli oppressi.
La Chiesa approva il culto del Beato Giacomo Elemosiniere nel 1806 e Papa Pio IX concede all’Ordine dei Servi di celebrare la Messa e l’Ufficio proprio. Il suo corpo si conserva a Città di Pieve nella Chiesa a lui dedicata.


Autore:
Massimo Cuofano, OSSM

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Aggiunto/modificato il 2008-12-08

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