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Servo di Dio Flavio Corrà Giovane laico

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Salizzole, Verona, 7 aprile 1917 – Flossenbürg, Germania, 1° aprile 1945

Flavio Corrà nacque a Salizzole, in provincia e diocesi di Verona, il 7 aprile 1917, quarto di sei figli. Nel 1932 si trasferì con la famiglia a Isola della Scala, dove, con il fratello minore Gedeone, si adoperò con gioia nell’Azione Cattolica e nel sostegno ai più bisognosi. Inizialmente pensava di consacrarsi a Dio, ma, aiutato dal proprio direttore spirituale, capì di dover iniziare il fidanzamento con Iside Spaziani, una sua compagna di studi. Mosso, come suo fratello Gedeone, da motivazioni profondamente cristiane, decise di arruolarsi nella lotta di liberazione dell’Italia dai nazifascisti. La mattina del 22 novembre 1944 i due fratelli vennero arrestati e condotti, dopo varie tappe, al campo di concentramento di Flossenbürg. Flavio morì in quel luogo il 1° aprile 1945, a causa delle privazioni e del dolore per non aver potuto assistere fino alla fine Gedeone, che era stato stroncato il 18 marzo 1945 da una broncopolmonite. I loro cadaveri sono stati bruciati nel forno crematorio del campo e le ceneri disperse. Le inchieste diocesane per le loro cause di beatificazione distinte, volte a dimostrare l’eroicità delle loro virtù, si sono svolte presso la diocesi di Verona dal 14 settembre 2000 al 17 maggio 2003.



“Due cristiani completi”: si è provato a sintetizzare così la loro vita e sembra non esserci definizione migliore per questi due giovani “normali”, innamorati di Cristo e della Chiesa, ma anche di qualche ragazza; studenti di Azione Cattolica; frequentatori di canoniche e di preti, ma anche di allegre scampagnate con gli amici.
Arrivano dalla campagna di Verona, dal paese di Salizzole. Flavio, nato nel 1917, è sicuramente più esuberante di Gedeone, nato tre anni dopo, che è più riservato. Frequentano il liceo e poi si iscrivono alla Facoltà di Matematica e Fisica: Gedeone a Bologna, Flavio a Padova. Il tempo libero è tutto per la parrocchia e per l’Azione Cattolica, di cui il fratello maggiore è presidente e il minore il vice.
Da una parrocchia all’altra, da un circolo ad un altro, da un’adunanza ad un’opera di carità, in un vorticoso accavallarsi di impegni, riunioni e biciclettate, il tutto ispirato ed illuminato dalla prima azione del mattino, quando all’alba, prima della scuola o del lavoro, assistono alla Messa e ricevono la Comunione, che daranno tono e vigore alla loro giornata.
Al saperli così fedeli a Lodi e a Vespri, al Rosario o alle novene, viene quasi naturale ipotizzare per entrambi un futuro da preti o da religiosi. Il più attratto da questa vocazione sembra proprio Flavio, che però si sente attratto anche da Iside, che deve essere bella almeno quanto il suo nome.
Illuminato dal suo parroco che è anche la sua forte guida spirituale, Flavio matura la vocazione al matrimonio. Inizia così un cammino di coppia illuminato dai valori in cui l’Azione Cattolica lo ha formato: purezza, eroismo, donazione.
Insieme a Iside, che condivide la sua fede e i suoi ideali (tanto che anche lei aveva pensato di farsi religiosa), progetta una vita matrimoniale in cui Dio avrà il primo posto e nella quale è già previsto un più o meno lungo servizio missionario all’estero. Prima, però, c’è la “naia”, poi la guerra, infine l’armistizio: i due fratelli rifiutano di farsi reclutare dai tedeschi, come pure di arruolarsi nei repubblichini.
Anche perché con il fascismo sono da sempre in conflitto: Flavio si è fatto spesso redarguire dai gerarchi locali per la sua abitudine a disertare le adunate e Gedeone una volta è stato schiaffeggiato in pubblico perché ad un’esercitazione si è presentato con il distintivo dell’Azione Cattolica al posto di quello del Fascio.
Naturale, quindi, che si aggreghino alle formazioni partigiane: senza armi, però, e senza far del male ad una mosca; semplicemente passando informazioni e compiendo azioni di sabotaggio, che comunque tengono in scacco l’occupante tedesco per più di un anno. «Non è legittimato un potere che si discosta dalla buona notizia del Vangelo», scrive Flavio a proposito del fascismo, mentre Gedeone, ancora più esplicitamente, aggiunge: «Se oggi c’è bisogno di gente che pensi, c’è ancora più bisogno di uomini che operino secondo le loro convinzioni»
Vengono arrestati la mattina del 22 novembre 1944, probabilmente traditi da qualche “soffiata”. Torturati fin dal primo interrogatorio e trasferiti a Bolzano, nel gennaio 1945 sono internati nel campo di Flossenbürg: già indeboliti nel fisico, ma ancora intatti nella fede, al punto che i tedeschi devono ricorrere a calci, pugni e bastonate per strappare a Flavio la corona del Rosario. Lavoratori nella cava di pietra con turni massacranti, torturati e affamati, utilizzano le forze residue per sorreggere, confortare e far pregare i compagni di sventura.
Il primo a cedere è Gedeone, stroncato il 18 marzo da una broncopolmonite; il 1° aprile, domenica di Pasqua, lo segue Flavio. Le sue ceneri, come quelle del fratello, sono sparse al vento.
Non per l’epilogo, comune a tante vittime del nazismo, la diocesi di Verona ha dato avvio alla causa di beatificazione di Flavio e Gedeone Corrà, quanto piuttosto per la loro limpida e coerente testimonianza cristiana dispiegatasi per tutta la vita che li ha resi e li rende credibili. Cristiani completi, appunto.

Autore: Gianpiero Pettiti

 




Nascita e famiglia
Flavio Corrà nacque a Salizzole, in provincia e diocesi di Verona, il 7 aprile 1917, figlio di Rodolfo Corrà e Angela Serafini. Il padre, agricoltore, man mano che aumentavano le necessità, si dedicò al lavoro di negoziante, prima, e poi mediatore di bestiame e di terreni agricoli.
La famiglia abitava nella località di Val degli Olmi, a circa tre chilometri e mezzo da Salizzole. La casa era rustica, dotata di una tettoia e una piccola stalla, dove si allevava qualche vitello. In più aveva alcuni ettari di terra.
Da quando il padre cambiò attività, diventando negoziante di vitelli piccoli, alla stalla e ai campi badarono sua madre Albina e sua moglie Angela, con l’aiuto dei figli, che in tutto furono sei: Noemi, Amelia, Zita, Flavio, Gedeone e Sennen. Quest’ultimo, ordinato sacerdote, divenne vescovo prima a Chioggia, poi a Pordenone.

Infanzia e prima giovinezza
Flavio trascorse l’infanzia e la prima gioventù giovinezza nella semplicità e nell’affetto della numerosa famiglia. La vita era quella semplice e faticosa dei contadini, scandita dagli avvenimenti tipici del vivere in cascina e in un piccolo paese di cinquemila abitanti, com’era Salizzole.
A sera tutti recitavano il Rosario e si ripassava il catechismo domenicale. I ragazzi amavano costruirsi da soli i propri giocattoli per da soli per giocare, per lo più piccoli oggetti in legno. Flavio e Gedeone erano addetti al pascolo delle oche.
Nel 1932 la famiglia si trasferì a Isola della Scala, sempre in provincia di Verona, per superare, nel nuovo e più grande ambiente, la crisi economica che l’attanagliava. Dopo le elementari, Flavio si preparò negli studi superiori, ricevendo lezioni private, insieme ad altri, dal parroco rettore di Gabbia, frazione di Isola della Scala agganciata alla parrocchia di Salizzole, e dalla sorella Noemi, già diplomata.

Dedizione agli studi e all’Azione Cattolica
Prese a frequentare la chiesa parrocchiale di Isola della Scala, collaborando nell’Azione Cattolica. Nel frattempo, appena quindicenne, Flavio cominciò a dare lezioni private, continuando con i suoi studi privatamente.
Nel 1934 si iscrisse al Liceo Scientifico «Angelo Messedaglia» di Verona, organizzando l’Azione Cattolica nella scuola e facendo apostolato fra gli studenti. Negli anni successivi il suo impegno associativo diventò più esteso: partecipò alle tante iniziative spirituali e organizzative, conobbe i dirigenti diocesani e nazionali, maturò una profonda formazione cristiana nei ritiri spirituali.
Nel 1936 diventò presidente parrocchiale e foraniale dell’Azione Cattolica; Gedeone, il suo inseparabile fratello minore, divenne vicepresidente. Il loro metodo di conduzione delle adunanze dei novanta giovani iscritti a Isola della Scala prevedeva la lettura del Vangelo e il relativo commento prima delle riunioni, lunghe sedute organizzative per preparare il catechismo, ma anche feste e gite. Ogni mattina i due fratelli passavano dalla chiesa per la Comunione quotidiana, prima di correre a prendere il treno per Verona, che distava venti chilometri dal loro paese.
Flavio venne assunto, dopo il liceo, come docente di matematica nella Scuola di Avviamento Professionale di Nogara. Nel 1939 si iscrisse all’Università di Padova nella Facoltà di Matematica e Fisica, che frequentò fino al 1941, quando partì per il servizio militare.

I suoi dubbi vocazionali
Verso i diciannove anni, entrò in uno stato di profonda incertezza riguardo le proprie scelte future. Aveva nell’animo un desiderio di vita consacrata, ma allo stesso tempo era attratto da una sua compaesana, Iside Spaziani.
La sua guida spirituale, l’abate Giuseppe Fontana, gli prospettò la via del matrimonio, ritenendola più congeniale per lui. Dal canto suo, Flavio intensificò le sue preghiere: recitava ogni giorno l’Ufficio della Madonna, s’immergeva nella lettura della Bibbia, compiva periodici voti di castità. Soprattutto, confidò il suo tormento interiore alle pagine del suo diario, che dall’aprile del 1936 aveva ripreso a scrivere stabilmente.

Il fidanzamento con Iside Spaziani
Dopo una corrispondenza amichevole e di scambio di pensieri morali e spirituali, durata più di un anno, nel luglio 1940 chiese al padre di Iside, l’avvocato Gracco Spaziani, di poter frequentare la sua casa come fidanzato della figlia.
Scrisse la sua prima lettera da fidanzato il 3 dicembre 1941, alla partenza per il servizio militare. È la prima di numerose lettere e biglietti, centocinquantatre dei quali sono stati conservati, in cui Flavio esprime alla ragazza i suoi sentimenti e il suo programma di vita matrimoniale, alla luce dei principi cristiani, della purezza, della morale, della fede reciproca in Dio. Con lei progettava di partire, come coppia di missionari laici, in terre lontane, come le colonie italiane o fra gli emigrati.
Le espressioni usate da Flavio in questa fitta corrispondenza alla fidanzata denotano la sua profonda formazione spirituale e il concetto del matrimonio visto come missione voluta da Dio. Scrisse ad esempio: «…Tu sarai sempre la mia Santina ed insieme, con l’Aiuto Divino, dobbiamo salire verso la santità. Affidiamoci, sì, completamente a Dio ed alla Mamma Bella. Essi ci faranno santi. Essi ci faranno, tu mammina, io papà dei nostri bambini, che consacreremo a Dio per mezzo di Maria SS…».
In un’altra lettera, invece, l’avvertì: «Ricordati sempre che per la purezza e per fuggire il peccato, dobbiamo essere pronti ad affrontare anche la morte e se fosse necessario, a rinunciare anche a qualunque cosa. Preghiamo tanto».

Apostolato anche sotto le armi
Il 2 dicembre 1941, a ventiquattro anni, venne chiamato a svolgere il servizio militare nel corso per sottufficiali di Udine e poi al corso per ufficiali di Pavia. Per questa ragione, dovette interrompere gli studi universitari.
L’architetto Giuseppe Scorza, di Alessandria, anche lui dirigente di Azione Cattolica, ha raccontato che sin da quando Flavio era ancora in borghese, portava in bella mostra il distintivo di appartenenza all’Azione Cattolica e in tasca la corona del Rosario: «Sapeva cogliere ogni momento per diffondere la parola del Vangelo, acceso com’era dal gran fuoco di carità e da slancio apostolico». In libera uscita frequentava le parrocchie e la sede della FUCI (Federazione Universitari Cattolici Italiani), faceva catechismo ai bambini, aiutava i Salesiani a gestire un ritrovo militare.

L’impegno nella Resistenza
Nel mese di luglio 1943, dopo una breve licenza in seguito alla promozione a ufficiale, venne richiamato d’urgenza a seguito degli eventi politici avvenuti con la deposizione di Benito Mussolini. Mandato in servizio di ordine pubblico nella città di Milano, partì poi per il fronte a Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. In seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, riuscì a sfuggire ai controlli dei soldati tedeschi, tornando a casa il 19 settembre.
Per un intero anno non volle rispondere ai bandi di arruolamento tedeschi e della Repubblica di Salò, poi aderì al Comitato di Liberazione Nazionale di Isola della Scala. Il 28 gennaio del 1944 fu in prima fila nei soccorsi dopo il bombardamento della cittadina, in seguito al quale morirono trentadue persone e molte altre rimasero senza casa.

L’arresto
Trascorse circa un anno nell’attività più o meno celata del gruppo della Resistenza, insieme al fratello Gedeone. La mattina del 22 novembre 1944, però, mentre si trovavano entrambi sfollati ai a Salizzole, vennero arrestati dalle “brigate nere” fasciste.
Furono trasferiti insieme ad una decina di persone, prima al Comando tedesco di Tarmassia, poi al comando fascista di Verona, dove subirono vari interrogatori e torture.
Il 1° dicembre 1944, scortati dai fascisti, furono consegnati alle SS installate nel palazzo INA di Verona. Dopo altri cinque giorni, Flavio e Gedeone, caricati su un camion, vennero portati al Campo di raccolta e transito di Bolzano, dove restarono fino al 18 gennaio 1945. La loro ultima lettera ai familiari fu ricevuta il 19 gennaio.

L’arrivo a Flossenbürg
Il 18 gennaio furono stipati insieme a quattrocentoventi prigionieri in sei vagoni ferroviari. Il convoglio partì da Bolzano, diretto al campo di sterminio di Flossenbürg nell’alta Baviera, definito “la fabbrica della morte”.
All’arrivo si contarono più di cinquanta morti, dopo un viaggio di novantasei ore. I due fratelli furono registrati come detenuti politici, coi numeri di matricola KZ 34566 per Gedeone e KZ 34565 per Flavio.
Nel campo la vita era insostenibile, con poco cibo, lavori pesanti nella cava di pietra, senza pulizia personale e senza cure mediche. La conseguenza era un forte deperimento del fisico, che portava alla pazzia o alla morte per stenti, cui si aggiungevano il tifo o altre malattie e le percosse dei famigerati “kapò”, ovvero i detenuti scelti per sorvegliare il lavoro degli altri.
In tanta desolazione fisica e morale, ai due fratelli non mancò mai la fede. Pregavano continuamente e aiutavano e confortavano, per quel che potevano, gli altri prigionieri. La corona del Rosario fu tolta a Flavio fra pugni e calci.

La morte di Gedeone
Ai primi di marzo Gedeone si ammalò di bronchite, ma fu costretto a continuare il lavoro sotto una bufera di neve. Sopravvenne la broncopolmonite: il 15 non riuscì ad alzarsi. Il “kapò” allora lo trascinò nel lavatoio, dove rimase fino a sera, fra lo sterco e i cadaveri.
A Flavio fu impedito di aiutarlo. Quando a sera ritornò al campo non lo trovò più: era stato trasferito alla baracca 17, che aveva funzioni d’infermeria, ma che da tutti era chiamata “l’anticrematorio”.
Con l’aiuto di qualcuno, Flavio riuscì ad entrare nella baracca e, in lacrime, abbracciò il fratello moribondo. Scambiò qualche parola con lui, poi venne allontanato. Gedeone resistette senza cure e senza cibo per altri tre giorni: morì il 18 marzo 1945, Domenica di Passione (ovvero la penultima di Quaresima), a venticinque anni.

La morte di Flavio
Flavio aveva cercato inutilmente di rivederlo o di farsi sentire con i suoi richiami ad alta voce. In compenso, riceveva bastonate e, legato, veniva portato con forza al lavoro. Spesso però fuggiva, per assistere al trasporto dei cadaveri portati al forno crematorio.
Flavio crollò in una profonda depressione, da cui non si riprese più. La mattina del 1° aprile 1945, Domenica di Pasqua, rese l’anima a Dio, fra lo sconforto dei compagni che non potevano fare nulla per lui; aveva ventotto anni. Furono poi gli stessi compagni a trasportare il suo corpo al forno crematorio, dove quindici giorni prima era stato condotto quello del suo amato fratello. Le loro ceneri furono disperse.

Iside senza Flavio
La sua fidanzata, Iside, fu composta nell’esprimere il dolore per la morte dei due giovani fratelli e di suo padre, deportato a Mauthasusen. Ebbe un impiego provvisorio come impiegata al Comune di Isola della Scala, poi divenne insegnante, prima nel paese poi a Verona.
Non si sposò, aderì all’Azione Cattolica, ricambiò la sensibilità d’animo del suo fidanzato Flavio. Fu impegnata nella politica locale. Non amava parlare di sé, né della sua giovinezza. Visse in compagnia della sorella Ortensia fino alla morte, avvenuta il 18 maggio 1992, a settantacinque anni.
           
Il ricordo sul piano civile
L’Azione Cattolica di Isola della Scala, nel primo anniversario della morte di Flavio e Gedeone, pose una lapide commemorativa, a fianco della chiesa abbaziale. A loro sono poi intitolate tre scuole: una a Isola della Scala, una a Salizzole e una a Guruè in Mozambico. Le loro iniziative caritative sono oggi condivise dall’ “Opera Fratelli Corrà Onlus”, che ha sede sempre a Isola della Scala.
Flavio e Gedeone ricevettero la laurea alla memoria: il secondo quella in Scienze Matematiche, il 7 dicembre 1946, dall’Università di Bologna. Il primo, invece, quella in Matematica e Fisica, l’11 giugno 1947, dall’Università di Padova.

La causa di beatificazione e canonizzazione
A fronte della fama di santità di entrambi, è stata costituita l’ “Associazione Amici dei Fratelli Corrà”, la quale si è resa parte attrice delle loro distinte cause di beatificazione, volte a dimostrare l’eroicità delle loro virtù cristiane, e ha promosso l’avvio della fase diocesana.
Ottenuto il trasferimento della competenza dal tribunale ecclesiastico della diocesi di Regensburg, sotto la quale ricade Flossenbürg, il 6 luglio 2000, il 26 luglio dello stesso anno è stato emesso il Nulla Osta dalla Santa Sede. Gli atti delle due inchieste diocesane, svolte in parallelo a Verona dal 14 settembre 2000 al 17 maggio 2003, hanno ottenuto il decreto di convalida il 9 novembre 2007.
Dall’inizio della fase romana, le cause sono seguite dalla Postulazione Generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini.


Autore:
Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini


Note:
Per informazioni e relazioni di grazie:
Associazione Amici dei Fratelli Corrà
via Matteotti 11
37063 Isola della Scala (VE)
[email protected]

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Aggiunto/modificato il 2019-10-01

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