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Beato Venturino di Bergamo

28 marzo

Bergamo, 9 aprile 1304 - Smirne, 28 marzo 1346

Nato a Bergamo nel 1304, Venturino da Bergamo fu un frate domenicano, predicatore e mistico. Dotato di eccezionale eloquenza, predicò in Italia e Europa, esortando alla penitenza, alla pace e alla riforma della Chiesa. Le sue posizioni intransigenti lo misero in contrasto con la Curia avignonese, che lo esiliò. In esilio continuò a predicare e scrivere, mostrando nelle sue lettere una profonda spiritualità e attenzione ai problemi del tempo. Morì a Smirne nel 1346 durante una crociata.


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Nacque in Bergamo il 9 aprile 1304: erroneamente si credeva appartenesse alla famiglia Cerasoli; invece discendeva da quella degli Artifoni di Almeno (lo chiamavano anche Venturinus de Lemen): suo padre era il celebre maestro Lorenzo de Apibus (con questo cognome aveva sostituito quello degli Artifoni), doctor in grammaticalibus et logicalibus e precettore dei nipoti del cardinal Longo (sepolto in S. Maria Maggiore) alla Curia Romana di Avignone; la madre fu Caracosa, non altrimenti nota, ma considerata fra le più illustri e stimate gentildonne della città. Ebbe fratelli: Pierina, Caterina e Jacopo-Domenico detto poi Magister Crottus e famoso anche per l'amicizia col Petrarca, al quale prestò un'opera di Cicerone.
A quattordici anni Venturino si fece domenicano nel Convento di S. Stefano in Bergamo; ma terminò gli studi a Genova, vi fu ordinato sacerdote e fu eletto maestro dei novizi. Si iscrisse, poi, alla Società dei frati peregrinanti, istituita dall'Ordine domenicano per le missioni di Oriente. Arrivato a Venezia per imbarcarsi fu, invece, mandato nel convento di Chioggia, poi in quelli di Vicenza, e di Bologna, già imponendosi quale eccellente oratore, costretto non raramente a predicare all'aperto per l'angustia delle chiese in rapporto allo straripante uditorio.
In Bologna, prima del 1334, predicò il culto a s. Marta e riuscì a farvi costruire un convento e una chiesa a lei dedicati; nel 1334 predicò in Bergamo dal 21 settembre al 30 novembre e vi fece edificare un monastero e una chiesa per le domenicane, pure dedicati a s. Marta (oggi, ne rimane solo il fabbricato, restaurato nel 1936): le monache ne presero possesso il 29 luglio del 1340 (anche una sorella di Venturino, soror Catalina de Apibus de Lemine, si fece monaca in S. Marta).
Nel 1335 organizzò un pellegrinaggio di penitenza da Bergamo a Roma, con l'intento di facilitare la conversione dei peccatori alla penitenza, di indurre guelfi e ghibellini alla pacificazione e di riconciliare col papa i numerosi scomunicati bergamaschi.
La partenza avvenne il 5 febbraio 1335: la numerosa «processione» che lo seguì, fece sosta anche in Firenze (lo stesso Giovanni Villani ne testimonia).
Giunto a Roma, vi dimorò e vi predicò per dodici giorni (per es. a S. Maria della Minerva e al Campidoglio). Ne partì, poi, coi fratello Jacopo Domenico, per presentarsi in Avignone al papa, Benedetto XII, il quale forse diffidò (come parve diffidare, in seguito, anche Clemente VI) del temperamento entusiasta (facile a essere ritenuto utopistico) di Venturino e delle sue apparenze di agitatore. Ne seguì un interrogatorio nel quale gli furon fatte trentanove domande; poi la sospensione (il De Peregrinis dice che ciò avvenne Diaboli persuasione) dalla facoltà di predicare e di confessare e l'esilio a Aubenas in Francia (v. Lettera di Benedetto XII al vesc. di Anagni relativa al pellegrinaggio di Venturino, in Archivio Segreto Vaticano, Epistolae Secretae, ar. I, Reg. 130, n. 142, f. 29).
Negli otto anni di pena e di esilio Venturino scrisse lettere e trattatelli spirituali come De Spiritu Sancto, In Psalterio decacordo, De humilitate (frammento), De Profectu spirituali, De remediis contra tentationes spirituales.
Egli fu, in seguito, liberato nel 1343 da Clemente VI che in pubblico concistoro lo riabilitò, restituendogli la facoltà di predicare e confessare e lo inviò in Italia a predicare la Crociata nell'archidiocesi di Milano.
Tornato ad Avignone, nel 1344 accompagnò i crociati da Marsiglia in Oriente, circondato da straordinario entusiasmo. Ma non appena arrivato a Smirne, sfinito dalle fatiche apostoliche e dalle penitenze, Venturino morì il 28 marzo 1346, a quarantadue anni.

Venturino fu maestro di grammatica come suo fratello e come suo padre, che egli, fin dai quattordici anni di età, fu in grado di sostituire sulla cattedra; fu, però, soprattutto predicatore popolare efficacissimo, contemplativo di rude temperamento, convinto e ardente nella propria missione di riformatore; fu anche taumaturgo.
Macilenta e asciutta la figura; facile e pronta la parola, sia in latino, sia in italiano (conosceva il francese e un poco anche il tedesco). I suoi sermoni avevano tinte terribili, il suo temperamento era appassionato, la vita spirituale intensa, il misticismo ardito, accentuato il profetismo.
La Legenda, scritta da un contemporaneo, serve a darcene un genuino ritratto esteriore, soprattutto nei capitoli in cui è indotta la testimonianza autobiografica dello stesso Venturino; mentre le sue lettere scavano più a fondo nella sua fisionomia spirituale. Purtroppo, a causa delle molte peripezie, se ne son salvate poche: al presente, dieci, più una indirizzata come risposta da Venturino a un canonico inglese della chiesa di Oxford e ritrovata dal Kaeppeli.
Tali lettere comprendono l'arco di tempo che va dal 1332 al 1340. Nella sua corrispondenza, Venturino aveva destinatari in Italia. Germania, Francia, Inghilterra, Spagna: ecco alcune intestazioni delle sue lettere: «Ihesu Xristus onor meus, oppure, Ave Maria, oppure, In nomine Patris et Fuji et Spiritus Sancti Amen». In esse egli definisce se stesso «frater Venturinus peccator, oppure, ille pauperculus Venturinus, o anche, ille homo tepidus, homo peccator ignotus, e perfino, velut rana loquax, praesuniptuosus et garrulus »...
Si rilevano notevoli affinità tra la struttura delle lettere di Venturino e quella delle lettere di s. Caterina da Siena.
Alla fine delle lettere, inoltre, Venturino dipingeva le insegne della passione; diceva talvolta «Crux Christi signum meum»; sembra, infatti, che fosse un discreto e appassionato cultore del disegno. Con le lettere, inviava anche strumenti di penitenza.
Estraneo a interessi politici, egli era sostenuto dalla consapevolezza di essere ispirato da Dio. Benché competente nella grammatica e nella retorica, l'impulso che lo spingeva a scrivere era soprattutto l'ardore (bulliunt intima cordis) dello spirito: talora confessa che, pur trovandosi a giacere in letto per dormire, si sente costretto a balzar fuori e a impugnare la penna «spiritu ad charitatis exercitia vehementius instigato».
Venturino contava, tra gli amici, fra' Giovanni di Tambach (oggi Dambach) presso Strasburgo e fra' Giovani Taulero, tutt'e due domenicani e grandi apostoli (anche per influsso di Venturino). Si deve, anzi, riconoscere che nella cerchia dei mistici tedeschi del sec. XIV, il santo entrò più come maestro che come discepolo. Manca, però, tuttora una caratterizzazione esauriente della sua mistica e un pieno confronto di essa, sia con quella degli amici tedeschi, sia con quella di altre correnti spirituali del tempo.
Egli è commemorato il 28 marzo.
Una tela (forse del Ceresa), situata nella sagrestia della grande chiesa dei Domenicani in Bergamo, lo rappresenta in atto di assorta meditazione con un libro aperto tra le mani; sotto c'è la scritta: Beatus Venturinus Ceresolus. Forse la sua figura è riconoscibile anche in una tela di Francesco Zucchi, collocata al secondo altare di sinistra (per chi entra) della medesima chiesa: vi si celebra il SS. Nome di Gesù adorato dai Beati dell'Ordine Domenicano.


Autore:
Pietro Bertocchi


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2008-05-22

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