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Venerabili Elisabetta e Maddalena Girelli Sorelle, orsoline

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Elisabetta: Brescia, 26 settembre 1839 – 21 gennaio 1919
Maddalena: Brescia, 3 ottobre 1838 – 7 marzo 1923


Le Venerabili sorelle Elisabetta Maddalena Girelli, rifondatrici della Compagnia di S. Angela nel 1866, abitavano a Brescia, in via Cairoli. La loro parrocchia di riferimento era quella di S. Agata. Qui partecipavano alle celebrazioni liturgiche, svolgevano le pratiche di pietà quotidiane, avevano uffici di insegnamento del catechismo, di direzione di qualche gruppo parrocchiale e di beneficenza.
Visitavano però spesso, anche le altre chiese vicine, quando vi si svolgevano particolari devozioni, come processioni, adorazioni eucaristiche e cicli di predicazione. Erano assidue specialmente alla chiesa di S. Afra dove visitavano il venerato corpo della loro Fondatrice, S. Angela.
Ebbero particolarmente caro anche il Santuario della Madonna delle Grazie, situato a pochi passi dalla loro casa, dove si ritiravano spesso in preghiera, per riprendere energie nel loro difficile compito di direzione della Compagnia.
Nelle memorie spirituali delle due sorelle si trovano parecchi accenni al loro frequente pellegrinaggio ai piedi della Madonna. Specialmente Maddalena Girelli ha lasciato preziose testimonianze, nel suo diario spirituale, che scriveva su comando del direttore spirituale, il padre filippino Giuseppe Chiarini.
Si tratta di confidenze dell’anima, che, certo, le due sorelle non avrebbero mai autorizzato fossero lette da estranei; ora noi, confortati dal fatto che la Chiesa ci additato ad esempio queste due nobilissime figure, riconoscendone l’eroicità delle virtù (1998), crediamo che esse ci consentano di alzare un poco il velo (lo facciamo con trepidazione e amore), che teneva nell’oblio i segreti della loro anima e di poter godere, così, nella comunione dei santi, di quella luce dello Spirito da cui esse furono illuminate e che anche a noi donata, per renderci sapienti e vigilanti nel tempo che passa.

Maddalena Girelli

Un primo gruppo di scritti risale agli anni 1866-1867, ai primi tempi della professione nella Compagnia di S. Angela, emessa davanti al vescovo mons. Girolamo Verzeri il 29 luglio 1866. Maddalena era fresca di consacrazione e sentiva ancora tutto l’entusiasmo della donazione, sorretta anche dalla giovane età: aveva solo 28 anni.
Al termine degli esercizi tenuti dal 27 settembre al 2 ottobre 1866, ritirata nella sua casa, leggendo “La Manna del deserto” del padre Jean Crasset, essa si recò alle Grazie ad offrire il frutto delle sue riflessioni e annotò questi pensieri: “2 ottobre 1866. La Festa degli Angeli Custodi. Questa mattina mi sono recata alla Madonna delle Grazie a fare la S. Comunione ed a chiudere ai piedi della Regina degli Angeli questi giorni di ritiro che ebbi la grazia di poter fare. Vi ho fatto la meditazione intorno ai cinque gradi per arrivare alla perfezione enumerati dal Padre Crasset; e sono esser pellegrini, crocefissi, morti e sepolti con Gesù Cristo e con lui scendere ancora nell’inferno, cioè restare privi d’ogni lume e d’ogni consolazione; e non cercare ed amare che Dio anche nella privazione d’ogni sollievo. Questo è il punto a cui mi invita ad arrivare il mio Divino Sposo, e di cui mi mostrò un perfetto modello in se stesso nell’orto del Getsemani, dove sostenne quell’amara privazione d’ogni conforto, e provò direi quasi pene maggiori della stessa morte!”.
Maddalena aveva preso sul serio il sua cammino spirituale e considerava la Madonna delle Grazie, luogo dove recarsi per verificare il suo impegno. Il 4 dicembre 1866 rimproverava a se stessa la sua poca buona volontà, in considerazione anche del tempo dell’Avvento appena iniziato; scriveva: “Gesù, la vostra povera sposa ha bisogno di una buona dose di umile e paziente mansuetudine: ma se Voi non gliela date ella resterò sempre nella sua innata miseria! E in ciò fui tanto più colpevole in quanto che la mattina ebbi la consolazione di assistere allo scoprimento di Maria SS. alle Grazie e di ricevere da questa Madre d’amore dei lumi speciali e degli interiori e forti eccitamenti per la mia santificazione. Ah mio Signore, perdonatemi anche questa volta: domani propongo colla vostra grazia di esservi più fedele alle mie promesse e di cominciare con fervore ad apparecchiare il cuore alla vostra venuta. Veni Domine, noli tardare, fiat cor meum secundum cor tuum!”.
Davanti alla Madonna delle Grazie, Maddalena invocava misericordia per le sue mancanze, poiché non sapeva corrispondere con generosità alla sua consacrazione appena agli inizi. Il 23 maggio 1867 annotava: “Oggi mi recai a fare la S. Comunione alla Madonna delle Grazie per implorare su di me la sua misericordia. Parvemi che il suo sguardo materno si posasse sulle mie miserie e ne sentisse compassione. Mi consolava fissando l’immagine della Madonna e mi ricordai d’un verso che lessi a piè d’un’immagine: Al mesto mio cuore, cui parlar non puoi, favellano d’amor gli sguardi tuoi! Oh! sì; Voi siete, o Maria, la speranza di quelli che più non osano sperar, voi siete la madre dei peccatori; Voi siete pur la mia Madre!... Misericordia!”.
Maddalena ringraziava la Madonna, perché le aveva mostrato tanti segni di amore materno, da quando aveva perduto la mamma terrena (Camilla Moro, morta il 24 agosto 1859). Nell’ottavo anniversario della morte della mamma scriveva: “24 agosto 1867 (Anniversario della mia Mamma). Stamattina mi recai alla Madonna delle Grazie e feci la S. Comunione al Suo altare. Pensai ai tratti singolari di materno amore che mi prodigò specialmente in questi 8 anni che restai senza madre terrena; e mi sentii il cuore commosso della più figliale riconoscenza. Oh! quanto vi devo, o Maria! Ho rinnovato ai suoi piedi la mia consacrazione, e spero ch’Ella continuerà a stendere su di me l’amorosa sua mano, e mi salverà”.
Maddalena Girelli era figlia devota e obbediente della Chiesa. Essa seguiva con apprensione le tristi vicende che colpivano il papa. Nella seconda metà dell’Ottocento regnava una grave tensione la Chiesa e lo stato italiano a causa della questione romana; le manifestazioni anticlericali si esprimevano spesso in modo sfacciato. La Girelli ne era addolorata e offriva preghiere e sacrifici per l’onore della Chiesa e del papa.
Nel 1887 Leone XIII fece alcuni tentativi, purtroppo risultati vani, per risolvere quella che egli chiamava “funesta discordia” (lettera al card. Rampolla, 15 giugno 1887). Maddalena, sempre ben informata sulle vicende del tempo, affidava alla Madonna delle Grazie le intenzioni del papa: “1 ottobre 1887. Viva Maria. Stamattina mi recai alle Grazie a fare la S. Comunione per cominciare il mese sotto la speciale protezione della Madonna. Mi sono offerta come serva alla grande Regina; e parvemi che Maria accettasse il mio ossequio e m’invitasse a pregare e patire in questo mese; offrendo ogni giorno la parte impetratoria di quanto il Signore mi darà grazie di fare, onde implorare da Lei grazie speciali per la conversione e salute di molte anime. Pensai di dedicarmi ogni giorno a qualche classe speciale, e cominciai oggi a presentare al Materno suo Cuore le anime di quei peccatori che più desidera il S. Padre di veder convertite, per il bene e trionfo della S. Chiesa. O Maria, se Voi date loro uno sguardo, e le presentate a Gesù, saranno salve!”
Maddalena era superiora della Compagnia di S. Angela. Era un compito di grande responsabilità e delicatezza, perché richiedeva di seguire i gruppi di figlie, che si formavano rapidamente in quasi tutte le parrocchie bresciane (attorno al 1900 raggiunsero il numero di circa 300, con 3000 consorelle). I problemi si moltiplicavano e i disagi pure; Maddalena non sapeva spesso come farvi fronte e ne rimaneva desolata. Affidava allora le consorelle alla Madonna delle Grazie: Il 26 aprile 1867, all’inizio del suo impegno di superiore, scriveva: “Stamattina ho condotto una mia consorella alla Madonna delle Grazie a fare la Comunione per ottenere alla stessa una grazia spirituale. Parvemi di poter ripetere al Signore quelle parole del padre evangelico: Signore, dite una sola parola, e la mia figlia sarà guarita. Oh! se la mia fede avesse meritato d’udire quella risposta sì consolante: Va, la tua figliuola è salva!... Ma io spero tutto dalla grazia divina e per l’intercessione di Maria!..”.
La Madonna delle Grazie era oggetto di devozione anche della Compagnia. Maddalena Girelli la additava all’amore delle consorelle, che conduceva anche in gruppo al santuario. Il 26 agosto 1888 scriveva: “Mi sentii ispirata di raccogliere tutte le consorelle all’altare della Madonna delle Grazie, e per fare lo scoprimento, unendoci tutte insieme a pregare per tutto e per tutti. Sento una speciale confidenza nella sua Materna Bontà; e spero tutto da lei”.
La Venerabile si preparò con devozione al pellegrinaggio con le sue figlie, partecipandovi in spirito di penitenza, considerando “ore preziose” la sosta di preghiera davanti a Maria. Il 3 settembre 1888 dava questa relazione: “Oggi sono andata alle Grazie con tutte le mie consorelle, ed ebbi intenzione di fare un pellegrinaggio di penitenza, portando per qualche ora il mio piccolo arnese [Maddalena indossava, talvolta, col permesso del suo direttore spirituale, un piccolo cilicio, che chiamava “arnese”]... oh! quante cose avea da dire alla Madonna! Vi passai due ore preziose, e spero tutto tutto da lei! Fui tentata più volte di impazienza, etc. nell’adempimento dei miei doveri; cercai fermarmi, ma le scintille del fuoco si lasciarono vedere... Gesù mio misericordia!”
In altra occasione la Girelli scriveva: “13 novembre 1891. S. Stanislao. Ho pregato avanti al suo altare alle Grazie per le novizie della Compagnia”.
Maddalena chiedeva alla Madonna l’aiuto per vivere essa stessa la vita nuova che S. Angela desiderava per le sue figlie, dedicandosi solo a Dio: “20 novembre 1891. Oggi vigilia della Presentazione andai alle Grazie a domandare alla Madonna un aiuto speciale per cominciare colla nuova vita che anche S. Angela ci dice di fare nella Regola, e che vorrei pur mettere in esecuzione, vivendo solo per Dio... Ma provai oggi delle ripugnanze assai grandi a vincermi anche in piccole cose; e sentii tale scoraggiamento come uno che dopo lunga fatica per portare un peso, se lo vede cader da mano prima di arrivare al luogo destinato. Anche questa è una tentazione pericolosa e devo combatterla per non mancare di confidenza nella grazia divina”.
Guardava con apprensione alla propria pigrizia nello svolgere il compito di superiora e si riconosceva come Pietro dormiente. Durante un corso di esercizi, dal 2 al 9 aprile 1892, nella settimana di passione, si recò alle Grazie per fare la meditazione, fissando così le sue considerazioni: “4 aprile 1892. Stamattina non feci la S. Comunione, e passai la prima ora del giorno alla Madonna delle Grazie implorando il suo aiuto e la sua benedizione. Ho meditato il rimprovero speciale dato da Gesù Cristo a S. Pietro perché dormiva nell’orto... Egli avea vegliato tante notti nella pesca (affari temporali) egli che (come Superiore) avea fatto proteste speciali e magnifiche di fedeltà a Gesù Cristo. Mio Dio non è questo il mio ritratto? Oh! quanta accidia! Non so vegliare un’ora con Voi! E non è forse per questo che mi si potrebbero applicare quelle parole dell’Apostolo: Molti sono infermi tra voi (nella Compagnia) e molti dormono? Proposi di esser sollecita nell’orazione e di non aver mai presunzione di me stessa”.
Circa due mesi dopo, il 7 giugno 1892, fissava pensieri di offerta del proprio sacrificio nella fedeltà agli impegni spirituali, a favore della consorelle più bisognose.
“Fui tentata poi di secondare le esigenze del mio corpo e non andare a far la S. Comunione ma colla grazia del Signore mi vinsi e mi recai alle Grazie offrendo questo piccolo sacrificio e la S. Comunione stessa per le consorelle che mi danno maggior pena e per i superiori della Compagnia. Meditai Gesù legato... Quanto mistero in quei legami che io ho stretto al suo sacro Corpo... Come sostengo i miei? Quante esigenze di volontà anche per fare il bene! Illusioni, inganni dell’amor proprio... O Gesù legatemi a Voi”.
Maddalena esprime altri pensieri sulla Madonna delle Grazie, scritti in varie occasioni e in diverse situazioni spirituali. Il 21 luglio 1891: “Nessuna novità in questo giorno; ho presentito un sacrificio che vuole il Signore e ho detto un nuovo fiat! Sono andata alle Grazie a consegnare tutto alla Madonna, come una povera pitocchina che ha bisogno di tutto massime di umiltà e di pazienza”.
All’inizio di ottobre 1891, mese del rosario, stese alcuni proponimenti, primo tra i quali quello di mettersi alla scuola di Maria per crescere nella virtù: “1° Ottobre 1891. Memorie. Cominciai il mese colla santa Comunione alla Madonna delle Grazie e con un vero desiderio di fare alla sua scuola un po’ di profitto nelle sante virtù. Proposi una diligenza speciale in tutte le mie pratiche di pietà, compresa l’obbedienza di fare queste memorie contro le quali mi vengono sempre desideri di cessarle.... Reciterò il Rosario intiero e qualche ossequio ogni giorno agli angeli Custodi, a S. Teresa, S. Francesco d’Assisi miei speciali protettori”.
Alle Grazie, Maddalena iniziava spesso la sua giornata, chiedendo luce per i momenti di oscurità e di desolazione: stati d’animo che provano non raramente coloro che sono incamminati sulla via della perfezione spirituale: “22 ottobre 1891. Poco mancò che non facessi la S. Comunione: ero stamattina affranta di anima e di corpo... Ma il Signor mi ha aiutato e mi recai alle Grazie a farmi donare un po' di luce dalla Madonna... Ho dovuto frenare tutto il giorno un certo malumore che tentava sbocciare da ogni parte... Che sono io mai o Signore se non miseria e miseria?... esporre tutto il mio niente avanti a Voi o Gesù è il solo conforto della meschina anima mia!”.
E in altra data, il 2 gennaio 1892: “Andai alle Grazie a fare la S. Comunione consegnando me e tutta alla Madonna. Ho avuto occasione di ammirare degli esempi di pazienza di bontà, di compatimento, di spirito di sacrificio e procurerò d’imparare. O Gesù,. miserere mei!”.
Ancora alle Grazie, Maddalena tornava, alla sera, per esaminare se stessa e per trovare un po’ di pace, dopo le faccende e le agitazioni della giornata.
“6 dicembre 1891. Nella S. Comunione ho sentito un po’ di gioia potendo offrire a Gesù la disistima in cui sono tenuta da molte persone sante e saggie e le critiche che mi fanno. O Gesù sostenete la mia debolezza e benedite chi mi aiuta a umiliarmi. Feci la congregazione ed occupai tutto il giorno colle consorelle. Chiusi la giornata avanti al SS.mo esposto alle Grazie e esaminai avanti a Lui i miei pensieri che trovai troppo facilmente dissipati nelle cose eterne... Oh! chi mi darà di passare come senza cura fra le cose terrene?... O Maria Immacolata prendetevi tutta la mia mente il mio cuore, santificatelo, purificatelo, fatelo tutto vostro per sempre”.
Maddalena deponeva nel cuore di Maria le cose spiacevoli della giornata; il ricordo dei suoi dolori materni la stimolavano a riporre nella sua materna protezione una grande fiducia:“19 ottobre 1907. Oggi mi portai alla Madonna delle Grazie; dinanzi alla Vergine sento una gran fiducia nella sua materna protezione e anche questa mattina ho deposto nel suo cuore tutte le mie angustie bisogni e miserie, abbandonandomi a Lei. Ma ho passato un giorno pieno di cose spiacevoli e imbrogliate che mi fecero ricordare i suoi materni dolori”.
Maddalena, ben diretta dal padre spirituale, cercava di migliorare il proprio carattere, volendo diventare più comunicativa e di aspetto più sereno con le consorelle e con la gente. Nonostante gli sforzi, faticava a riuscirci e ciò la sconfortava. Il 17 marzo 1892, riflettendo su questo aspetto, si era presentata alla Madonna e rilevava:“Sono andata alle Grazie a consegnarmi alla Madonna tale quale sono, come una figlia inferma nelle braccia della madre. Procuro in questa novena: Ecce ancilla Domini; fiat, fiat in me e circa me, et in omnibus voluntas Dei!... Ho meditato quelle parole di Gesù agli Apostoli: Su levatevi e andiamo! all’orto). Le ripeté il Signore anche a me; lévati dalla tua pigrizia; lévati dai tuoi comodi; dalle tue imperfezioni, dal tuo amor proprio... andiamo con me a lavorare a patire... Sii generosa e fedele!... Sì, Gesù mio, lo voglio, aiutatemi Voi; sequar te!”.
La Girelli passava lungo tempo davanti alla Madonna, colla quale aveva l’appuntamento della sua ora, per confidarsi e invocare aiuto, come ad Avvocata.
“13 maggio 1892. Non potei fare la S. Comunione né portare il cilicio come ho licenza di fare il venerdì, perché il Signore mi ha dato altri malanni da sopportare. Andai però alle Grazie così feci la mia ora avanti alla Madonna, chiedendole... Oh! quante cose le ho chieste! Mi pareva che tutte le avesse nelle mani e che bisognassero altre preghiere con più fiducia con più costanza, altri sacrifici con più generosità, con più calma per ottenerle. Oh! Maria Voi siete l’Avvocata di tutti i peccatori, salvatemi! sono vostra con tutte le cose mie!”.
Il seguente ultimo testo rappresenta come la sintesi delle riflessioni precedenti. Maddalena presenta a Maria tutte le sue angustie, le affida le persone care e le consorelle della Compagnia, si pente delle sue mancanze. E, di più, la circostanza della festa dei Santi le fa desiderare il Paradiso e promettere di correre sulla via del Cielo.
“31 Ottobre 1892. Andai alle Grazie a fare la visita che dovea fare invece del digiuno. Ho esposto alla Madonna tutte le mie miserie, o meglio che mi par di conoscere; e procurai di versare ai suoi piedi tutte le mie pene, angustie, apprensioni; deposi nelle sue mani tutti i miei molti doveri, e pregai per l’ora della mia morte a sostenermi e sostenere tante persone care e bisognose della sua misericordia. Feci una lunga rassegna delle mie consorelle, mettendo avanti tutte i mie superiori ed implorare tante e tante grazie. Pensai a tante mancanze commesse nella mia vita... ne chiesi perdono... Desiderai il Paradiso coi beati ed eterni trionfi!... Passai la mezz’ora in una cara solitudine colla Madonna, giacché non v’era che una vecchietta che pregava meco! Oh! potessi domani sollevare il mio cuore al Cielo, oh! potessi vivere solo per Iddio! Oh! l’esempio dei santi mi spingesse davvero a correre nella via che conduce al Cielo. Fiat, fiat! amen!”

Elisabetta Girelli

Elisabetta Girelli non era da meno della sorella. Anche se di lei abbiamo meno scritti autobiografici, perché non scriveva le memorie spirituali, come Maddalena, si conosce, tuttavia, la sua devozione alla Madonna delle Grazie da alcuni stralci di lettere, per lo più senza data, indirizzate al padre spirituale, Giuseppe Chiarini.
Anche Elisabetta si recava al santuario per invocare forza interiore; quando sentiva salire l’opposizione ai consigli del suo direttore, invocava da Maria la forza di obbedire: “Mi sono trascinata con grande ripugnanza e con grande sforzo alla Madonna delle Grazie, e come poteva la pregai che mi ottenesse la forza di obbedire e la grazia di poter pregare quando mi trovo fra quegli assalti.
La Madre di Misericordia mi ha esaudita, dandomi aiuto a superare la ripugnanza che sentiva a presentarmi al Confessore... L’assoluzione sebbene ricevuta col timore d’essere mal disposta mi recò gran sollievo” (s.d.).
Elisabetta racconta, in una lettera, il ricorso a Maria fatto dai Bresciani in un particolare momento di necessità. Nell’estate del 1881 la popolazione cittadina aveva invocato la Madonna delle Grazie per la liberazione dalla siccità.
“Qui si prega e si sospira perché il Signore mandi un po’ d’acqua; e speriamo che Domenica, scoprendosi a tal fine la Madonna delle Grazie, ci farà sentire gli effetti della sua materna protezione anche per tale bisogno. Io però non devo dir nulla del caldo, perché mi fa bene” (22 luglio 1881).
Il santuario delle Grazie fu, una volta, per Elisabetta, il luogo di rifugio per tacitare l’emozione provata per la conversione di un infermo, per il quale essa aveva pregato, su suggerimento del direttore spirituale. La sosta davanti alla Madonna le fece gustare il privilegio della grazia ricevuta e suscitò in lei la determinazione di svolgere i suoi doveri con maggior raccoglimento.
“Mi venne subito la buona ispirazione di pregare per i poveri peccatori e ricordai specialmente quell’infermo che m’era stato raccomandato dal Padre Spirituale. E mi parve udire nell’interno questa parola: Non lo lascierò perire di mala morte, e lo dirai al tuo Padre Spirituale, affinché abbia un segno certo che l’assicuri essere mia volontà che tu sia vittima continuamente immolata al mio amore, e che quella persona serve ai miei disegni come cieco strumento alla rabbia del demonio. Restai come fuori di me; e per sottrarmi al pericolo di lasciar scorrere involontariamente qualche indizio dell’interna commozione, andai alle Grazie; e pregando dinanzi all’Altare di Maria tornai in istato ordinario; restandomi però tutto il giorno un’impressione notabile della grazia ricevuta, e come un bisogno di star più raccolta ed unita col Signore anche in mezzo alle mie occupazioni” (s.d.).
La preghiera degli umili e dei poveri era il rimedio al quale Elisabetta ricorreva, per ottenere aiuto nei bisogni dello spirito. La Venerabile si incontrava spesso con donne anziane, devote della Madonna, alle quali chiedeva il favore delle loro preghiere, certa che queste andavano dirette al paradiso, perché uscite dal cuore degli umili. In particolare si affidava ad una vecchietta curva, che pellegrinava ogni giorno dal santuario delle Grazie al cimitero. Elisabetta era sicura di poter ottenere dal Cielo, tramite le preghiere di questa semplice donna, i favori che le abbisognavano; sì, perché gli affari trattati in ginocchio sono esauditi.
Così essa scriveva al Chiarini: “Vorrei esser più buona e generosa col Signore onde le povere mie preghiere ed i miei sacrifici microscopici valessero a scongiurare la tempesta... Ma all’insufficienza mia ho trovato un bel rimedio nella Vita di Chantal. Quando voleva proprio strappare le grazie dalle mani e dal Cuore di Dio faceva innalzare a Lui le voci di tutte le innocenze e di tutti i dolori. Ho anch’io sa, le mio piccine che sanno dire di quelle Ave Marie, che vanno diritte al Paradiso; e certi miei poverini, che li considero come miei grandi avvocati... La farò ridere, ma in certi giorni, nei quali sento più che mai bisogno dell’aiuto di Dio, se mi avviene di incontrare una poveretta curva quasi fino a terra pel peso degli anni e dell’infermità, io me ne consolo come d’una buona ventura, e mi tengo sicura d’ottenere la grazia che mi abbisogna. Ella passa il giorno pellegrinando e pregando dalle Grazie al Camposanto; ed io credo se la intenda molto bene col Signore. Oh! beati i poveri, gli umili, gli abbietti cari a Dio! Sono i nostri parafulmi; ed io penso che i grandi interessi della Chiesa, della Società della gloria di Dio e della salvezza delle anime in gran parte sieno nelle loro mani. Essi trattano i loro affari in ginocchio; e vedremo solo in Paradiso tutta la potenza della preghiera. Speriamo dunque nella bontà di Dio e nelle preghiere dei buoni, che sono pur molti” (28 novembre 1889).
Questi scritti delle sorelle Girelli offrono utili indicazioni spirituali per i devoti che accorrono al Santuario delle Grazie, in occasione del Giubileo del 2000.
Le Venerabili ricorsero frequentemente a Maria, come a Madre, cercando rifugio nelle difficoltà, e come ad Avvocata, chiedendo la bontà della sua intercessione. Ciò che risalta più evidente dalle loro riflessioni è il continuo collegamento tra il ricorso a Maria, da una parte, e la fede in Dio e il cammino ascetico dall’altra. L’incontro con la Madonna delle Grazie si risolve sempre in una più convinta generosità fedeltà a vivere la loro consacrazione e vocazione. Maria è colei che ci accompagna, tenendoci per mano, sulla via della santità: è la grazie delle Grazie.


Autore:
Mario Trebeschi

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Aggiunto/modificato il 2008-06-12

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