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Venerabile Ludovico Necchi Laico

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Milano, 19 novembre 1876 – 10 gennaio 1930


Il bigotto e l’ateo sfegatato: così potremmo sintetizzare, per estremi,  la vicenda umana e spirituale di due amici per la pelle, che hanno fatto anche a pugni per la fede, anche se questa, alla fine, ha prodotto mirabili frutti di santità in entrambi. Il “bigotto” è Ludovico (Vico) Necchi, nato a  Milano il 19 novembre 1876, che in famiglia non respira affatto bigottismo. Educato da due zie materne che per prime seminano in lui i germi della fede, la deve difendere subito dagli attacchi che gli arrivano da quelli di casa. Alla domenica sua mamma, per impedirgli di andare in chiesa, lo lascia con la sola camicia da notte, che egli, per poter uscire ugualmente, deve nascondere sotto il bavero rialzato della giacca o sotto una sciarpa. Nei giorni feriali, per poter ricevere la comunione rispettando il digiuno eucaristico, fa sparire con qualche sotterfugio il caffelatte della prima colazione e si mette in tasca il pane che, andando a scuola, dona a qualche povero incontrato per la strada. Così, finite le lezioni, dopo mezzogiorno, ancora digiuno, può correre in chiesa a fare la comunione. Per spiegare il clima che si respira in casa sua, basta dire che, rimasta vedova, sua mamma si risposa, senza neanche comunicarlo al figlio. L’ateo sfegatato è tal Edoardo Gemelli, solo uno dei tanti che in quel fine Ottocento cavalcano le idee anticattoliche del periodo, con buona pace di quelli che dicono che le cose oggi non potrebbero andare peggio di come stanno andando. Un secolo e qualche decennio fa, infatti, è estremamente pericoloso dimostrarsi cattolici praticanti: si corre il rischio di essere discriminati, derisi o addirittura “pestati”. Vico non ha paura delle derisioni e neppure delle botte; proprio guardando al coraggio con cui professa la sua fede e alla sua coerenza di vita, l’amico Edoardo va in crisi e il suo ateismo comincia a scricchiolare. Succede così l’imprevedibile: l’impulsivo e impetuoso Edoardo diventa frate con il nome di Agostino e sarà il fondatore dell’Università Cattolica; il cauto, tranquillo e devoto Vico sceglie invece la via del matrimonio e dell’impegno laicale. “Mi pare chiaro che la volontà di Dio per me è che io scelga lo stato di vita laicale come mezzo di santificazione. Decido di seguire la mia vocazione allo studio intenso ora come un dovere, un mezzo per dare gloria a Dio, lasciando a Lui la cura dei risultati”, scrive in giorno Vico. Frequentando a testa alta gli ambienti dei mangia-preti dell’epoca,  si laurea in medicina a Pavia, poi si trasferisce a Berlino, specializzandosi  nel 1904 in malattie nervose ed handicap infantili, dopo studi severi e ricerche sperimentali, che gli vengono riconosciute anche da chi cattolico non è. Dal 1909 al 1914 è consigliere comunale a Milano e, dopo la guerra, dal 1923 al 1925, viene eletto nelle liste del Ppi come consigliere provinciale. Dal 1909 al 1924 partecipa alle maggiori imprese culturali dei cattolici italiani tra le quali la fondazione della ''Rivista di filosofia neo-scolastica'' e l'Università cattolica del Sacro Cuore. Naturalmente, sempre al fianco di padre Gemelli, l’amico di sempre, che lo definisce la sua “spalla discreta e necessaria”.  Si sposa con Vittoria Della Silva, dalla quale ha tre figli, offrendo sia come marito, sia come genitore, un esempio cristallino di coerenza cristiana e di integrità morale. Muore il 10 gennaio 1930 per un tumore e nei lunghi mesi di malattia ha l’opportunità di essere un esempio anche di fortezza e di sopportazione del male. Il processo per la sua beatificazione inizia appena tre anni dopo la morte, e si conclude nel 1971, rivelando, a sorpresa, come Necchi, esempio di dolcezza e di mitezza, fosse in realtà, per natura, portato all’ira, che egli era riuscito a dominare soltanto con un continuo esercizio di controllo di se stesso che lo aveva portato a dominare il suo istinto collerico. Giovanni Paolo II, che aveva il dono della sintesi, riuscì a scolpire la sua personalità, definendolo “un professionista, padre di famiglia, studioso, amministratore pubblico, sensibilissimo ai problemi umani del suo tempo, alla cui soluzione, nella luce della fede, egli si dedicò con instancabile generosità e profonda competenza”.  La sua salma è stata traslata nella cripta dell’Università Cattolica, e riposa accanto a Padre gemelli, Armida Barelli e il beato Toniolo. “venerabile” dal 1971, si attende un miracolo che consenta la sua beatificazione.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2013-05-28

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