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Tarcisio Cavara Adolescente

Testimoni

Castiglione dei Pepoli, Bologna, 7 maggio 1940 - 15 gennaio 1954


Ridente paese sull’Appennino tosco-emiliano, Castiglione dei Pepoli (Bologna) gli diede i natali, il 7 maggio 1940. La mamma, Armida Rapezzi e il papà Gaetano Cavara, crescevano nella fede e nella vita cristiana, altri due figli: Maria, la maggiore, e Sergio. Al battesimo, amministratogli, il sabato vigilia della Pentecoste, il piccolo fu chiamato Tarcisio, come il giovane martire dell’Eucaristia dei primi secoli cristiani.

Piccolo prodigio
A tre anni, Tarcisio Cavara già frequenta l’asilo del paese, tenuto da buone suore, rivelandosi subito un bambini intelligente e piuttosto precoce. Quando la sorella Maria, giovane dirigente dell’Azione Cattolica va a insegnare catechismo ai ragazzi della parrocchia, Tarcisio pretende che lo porti con sé. Impossibile liberarsene: bisogna accontentarlo.
In aula si arrampica su una sedia vicino alla sorella e se ne sta zitto e buono a ascoltare, attentissimo a imparare i bellissimi discorsi su Dio, su Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo e morto per noi, sui suoi comandamenti, sulla fuga dal peccato e sulla vita in grazia di Dio, sull’inferno da evitare, sul Paradiso cui siamo chiamati. Una grande gioia, prova in cuore, quando apprende la storia del suo santo protettore, S. Tarcisio, il ragazzo che, nell’antica Roma, mentre si recava in tempo di persecuzione, a portare Gesù Eucaristico ai cristiani condannati a morte, era stato bloccato da una marmaglia di giovani pagani che pretendevano di vedere "ciò" che teneva stretto al cuore, e lui preferì morire ucciso piuttosto che lasciare profanare da quelli il più prezioso Tesoro che abbiamo, il SS.mo Sacramento (250 d.C.).
Tarcisio Cavara promise che avrebbe amato senza fine Gesù Eucaristico, deciso e forte come il giovane martire Tarcisio.
Presto si scopre la sua bella voce, le sue capacità di recitare in modo incantevole. Ancora piccolo, spesso tocca a lui cantare in chiesa, dire un discorsetto davanti a Gesù Bambino nel presepio o a una autorità in visita al paese. A Castiglione, presto diventa assai popolare: tutti lo conoscono e lo apprezzano.
Gesù, immolato sulla croce per noi, Gesù che ripresenta il suo Sacrificio sull’altare nella S. Messa e rimane sempre con noi nel Tabernacolo, affascina Tarcisio in modo singolare. A 5 anni, è già chierichetto e serve all’altare in modo stupendo: tutto sembra più bello quando lui partecipa alle sacre celebrazioni.
Non sa ancora leggere e già conosce a memoria non solo le lodi popolari più belle, come "T’adoriam, Ostia divina", ma i salmi dei Vespri della domenica da "Dixit Dominus Domino meo" a "In exitu Israel de Aegypto" e dell’Ufficio dei defunti. E’ straordinario vederlo con un gran librone in mano – che non sa leggere – impegnato a cantare, gli inni in latino come "Lucis Creator optime" o "Ave Maris stella", alternandosi con il parroco e i cantori, in coro. Ma quando impara a leggere, "pretende" di leggere lui, in italiano, come lettore, "l’epistola" nella Messa, mentre il parroco la legge in latino.
Il 6 luglio 1947, Tarcisio, più contento di un re, si accosta per la I° volta a ricevere Gesù nella Comunione. Si era preparato frequentando il catechismo, con un intenso impegno a migliorarsi, con la Confessione accurata e fervente dei suoi peccati, il perdono di Dio. Da quel giorno davvero Gesù diventa il suo intimo Amico.
Dirà il suo parroco, don Ercole Lorenzini: "Ho conosciuto fin dalla sua infanzia Tarcisio Cavara e non l’ho mai perso di vista, anche perché frequentava giornalmente, mattina e sera la chiesa, essendo il più assiduo dei chierichetti. Ottimo, intelligentissimo, imparò presto a suonare l’harmonium. Speravo di avviarlo in seminario, ma Dio ha disposto diversamente".
Dunque, Tarcisio, ogni mattina si reca alla Messa e vi partecipa con la Comunione; ritorna alla sera, in chiesa, per il Rosario alla Madonna e la benedizione eucaristica. Una gioia vederlo, guardarlo, immobile, in preghiera, in ginocchio alla balaustra o davanti al Tabernacolo, proprio lui che gode assai a giocare, vivace appassionato con i numerosi suoi piccoli amici. (Però, come venivamo educati, noi ragazzi della generazione di Tarcisio, e con quali frutti di bene! E perché tutto questo stile è stato abbandonato? Papa Benedetto XVI raccomanda di ritornare a questo stile cristocentrico…).

"Sarò sacerdote!"
Il 6 agosto 1950 – Anno Santo – la Cresima, dalle mani del Card. Nasalli Rocca, Arcivescovo di Bologna. Tarcisio diventa interessantissimo alle "cause più belle": le Missioni, l’Università cattolica, la buona stampa. Si iscrive agli "aspiranti" dell’Azione Cattolica (di allora!), all’Apostolato della preghiera, alla Milizia dell’Immacolata. Si presta a raccogliere offerte per la chiesa e dà il suo piccolo contributo, frutto spesso di qualche rinuncia; conduce altri impegni al catechismo e agli incontri formativi in parrocchia.
Ha un forte ascendente sui compagni, per la bontà, la signorilità dei modi, la purezza: sì, la purezza, perché è questa virtù che rende davvero affascinanti. Con lui presente, non si può essere volgari e neppure grossolani: incute correttezza e rispetto. Gli altri lo ammirano, sentendolo recitare i versi che lui stesso compone, o cantare in chiesa o nelle recite a scuola, o suonare l’harmonium come un’artista. Tutto lo interessa e su tutto si informa: dai fatti dell’Anno Santo con Papa Pio XII protagonista, alla "guerra di Corea" nel 1952, all’alluvione in Olanda nel 1953.
Nulla lo intimidisce: davanti a persone sofferenti o in mezzo a fatti dolorosi, Tarcisio, nei suoi "verdissimi" anni, animato dalla fede, sa dire la parola giusta. Come davanti a comportamenti scorretti, non gli manca mai l’autorevolezza di dire la parola di luce e di rimprovero. Davvero, si sente in lui la presenza di Gesù vivo, del Quale si alimenta ogni giorno nella Comunione.
Si avvia verso l’adolescenza, con i primi turbamenti dell’età. Si apre solo con la mamma e con il sacerdote che lo guida, e si sente, per mezzo di loro, investito dalla luce e dall’amore di Gesù, che vince ogni turbamento. Continua, nel silenzio e nella preghiera, nel colloquio ancora più intenso con Gesù, il grande sublime Amico della sua vita, in fondo l’unico Vero Amico, a essere riservatissimo, limpido, di un candore luminoso. Lontanissimo dalle occasioni di peccato, siano letture, compagnie di coetanei o di adulti, o situazioni. Un piccolo angelo, circondato da singolare custodia dai suoi genitori (che fanno i genitori di oggi?). "La realtà più cara che ho al mondo – confida Tarcisio – è Gesù e basta!". "Un giorno – dice – sarò sacerdote e salverò tante anime".
A 11 anni, Tarcisio comincia a soffrire per uno scompenso cardiaco. Continua a studiare, alla scuola media, presente alle lezioni, anche quando gli costa sacrificio: "Devo riuscire… Voglio diventare sacerdote. Gesù mi guarirà". Su di lui, però, ora si stende l’ombra della croce. Non servono né le cure premurose né la salubrità dei luoghi dove è portato né il riposo. Il medico alla fine di settembre 1953, riconosce, tra le lacrime: "È molto grave, occorre ricoverarlo all’ospedale e tentare l’impossibile". Dovrebbe iniziare terza media, ma non ce la fa più a alzarsi dal letto. Vengono tutti a salutarlo, prima di essere ricoverato in una clinica di Bologna.
Non perde l’abituale serenità: "Quanta gente per me! Ma nemmeno se dovessi morire!".

Ecco la croce!
A Bologna si fa di tutto per fargli recuperare la salute, anche con cure pesanti e dolorose. Tarcisio scherza con i medici: "Signori, io non sono un campo di esperienze!". Dal loro sguardo, comprende che cosa sta per succedergli. Si conquista la simpatia di tutti, dei medici e degli ammalati. Un medico dirà: "Aveva una grande bontà. Sopportava con eroismo sovrumano – sempre pregando – le sofferenze che lo soffocavano e le cure tormentose che tentammo per salvarlo".
Finché può, alla sera gioca con gli altri ammalati. Il dolore più grande lo confida alla mamma: "Sentissi, mamma, quante parolacce certuni dicono e come bestemmiano la Madonna e parlano male del Papa". "E tu che fai? – gli domanda la mamma – "Dico loro che sbagliano a comportarsi così – risponde Tarcisio – che offendono il Signore, che andranno all’inferno. Allora, alcuni mi rispettano e mi ascoltano. Qualcuno mi ha detto: "Sì, hai ragione, perché tu sei un angelo". Ma questo non basta: io chiudo gli occhi e stringendo la corona sotto il lenzuolo, prego per riparare, per chiedere a Gesù perdono per loro e la loro salvezza".
A volte sembra assopito e nessuno lo disturba. Ma, quando apre gli occhi, confida: "Dico tanti Rosari, per me e per tutti". Anche all’ospedale, la Comunione diventa il centro della sua giornata, dedicando il tempo, metà per prepararsi, e metà per adorare e ringraziare, come sanno fare i santi. Da Castiglione, vengono tutti a fargli visita, carichi di regali. Ha un solo rimpianto: non poter essere a casa, per servire la Messa, all’Immacolata, a Natale, nelle feste più belle dell’anno.
L’8 dicembre 1953, Papa Pio XII inaugura l’Anno Mariano nel centenario del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria SS.ma (1854). Tarcisio lo sa e si affida alla Madonna, ricordando con nostalgia quanti fiori egli le portava al suo altare nella sua parrocchia: "Oggi, ho fatto tanti fioretti per la conversione dei peccatori". "Volevo essere sacerdote, ma il Signore non mi ha ritenuto degno di servirlo, ha un altro progetto per me. Io offro tutte le mie sofferenze, la mia vita, la mia morte, ormai vicina per loro, per tutti i sacerdoti, affinché siano santi e apostoli". Lo scrive anche, con le ultime forze che gli rimangono al S. Padre Pio XII, il quale legge di persona la sua lettera e gli risponde, come solo Lui sa fare.
All’inizio del 1954, Tarcisio si avvia dolcemente alla fine. Il cappellano della clinica lo confessa, gli porta Gesù-Viatico per la vita eterna, unge le sue membra con l’Olio santo degli infermi. Gli legge la lettera di Pio XII, giunta da Roma, che lo chiama "angelo mio" e lo benedice!
Alle prime luci del 15 gennaio 1954, Tarcisio Cavara rivolge il suo sguardo verso l’alto: sorride come a Qualcuno che gli viene incontro, con lo sguardo radioso. Gesù stesso, in persona, è venuto a prenderlo e ora fanno festa insieme. Ha soltanto 13 anni e 8 mesi.
Il 17 gennaio 1954, il funerale nella chiesa di Castiglione dei Pepoli è un trionfo: ci sono tutti, in un corteo interminabile e tutti vogliono toccare la sua bara bianca, tutti lo pregano come "il chierichetto santo", il piccolo accolito che pensa di salire un giorno l’altare per celebrare il Santo Sacrificio della Messa e donare Gesù, Pane di vita eterna: Tarcisio Cavara, del loro paese, ma della razza immortale del piccolo grande S. Tarcisio, vergine e martire dell’Eucaristia.


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2009-06-28

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