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Teol. Giovanni Battista Borel Cooperatore salesiano

Testimoni

25 maggio 1804 - 9 settembre 1873

Consigliere ed amico della prima ora, il teologo Giovanni Battista Borel fu per molto tempo uno dei collaboratori più fedeli di Don Bosco, primo sacerdote cooperatore della Congregazione Salesiana. In occasione della malattia che pose a grave rischio la sua vita nel 1846, Don Bosco affidò a lui la cura del suo Oratorio, dal quale nacque e si sviluppò la mirabile opera del santo torinese. Questi, che assai lo stimava, affermava di trarre dalle sue conversazioni «lezioni di zelo sacerdotale, sempre buoni consigli, eccitamenti al bene». Il Borel aveva inoltre il dono d'incantare i giovani uditori con un brio tipicamente piemontese.
La lapide commemorativa nell'Oratorio di Valdocco così recita: «Teologo G. Battista Borel - insigne cooperatore e benefattore - del nascente Oratorio - ebbe dal Beato Don Bosco la lode - di amico intrepido e di sacerdote santo. - Nato il 25 maggio 1804. Morto il 9 settembre 1873».



Giovanni Borel nacque a Torino il 1° luglio 1801 in una famiglia profondamente cristiana. Seguì le scuole primarie quando il Regno Sabaudo era sotto il regime napoleonico, a sedici anni prese l’abito da chierico e frequentando la chiesa del Corpus Domini, la chiesa del Miracolo Eucaristico, conobbe San Giuseppe Benedetto Cottolengo. Era universitario quando, nel 1821, scoppiarono i primi moti risorgimentali. Il 21 maggio 1824 fu proclamato dottore in teologia, il 18 settembre, a soli 23 anni, fu ordinato sacerdote e per far pratica di ministero si iscrisse al biennio di una Conferenza Morale. Fu nominato “chierico della cappella del re”, partecipava così alle accurate funzioni per Re Carlo Alberto e la Regina Maria Teresa che si tenevano nella cappella della Sindone o nella cappella di Palazzo Reale. D’umile statura, di belle maniere, era amato da tutti. Nel 1831 fu promosso cappellano regio. Dieci anni dopo, però, rinunciò al prestigioso incarico per appagare maggiormente il proprio zelo sacerdotale. Il suo apostolato si intrecciò con l’attività dei santi che hanno reso Torino famosa nel mondo. Fu amico e collaboratore del Cottolengo, di don Bosco e di sua mamma la Venerabile Margherita Occhiena, del B. Marcantonio Durando. Conobbe il B. Federico Albert, S. Leonardo Murialdo, il B. Michele Rua, la B. Enrichetta Dominici, S. Domenico Savio, il B. Francesco Faà di Bruno. Il 29 dicembre 1840 fu nominato direttore spirituale del Rifugio della Marchesa Giulia di Barolo, una casa di accoglienza per ex-detenute e ragazze a rischio: fu il più importante impegno della sua vita. Per anni seguì numerose giovani, alcune delle quali si fecero religiose. Era una delle tante opere nate dal cuore generoso della Serva di Dio, fondatrice di opere caritatevoli (come l’ospedaletto di S. Filomena per ragazze con handicap) e congregazione religiose (le Suore di S. Anna e le Suore di S. Maria Maddalena).
Giovanni Borel fu un sacerdote instancabile: svolse il suo ministero in conventi, collegi e parrocchie. Fu impegnato tra i poveri abitanti di Borgo Dora e nelle “missioni” fuori città, anche d’inverno. Ebbe una profonda amicizia con S. Giuseppe Cafasso, anche don Borel infatti svolse per lunghi anni assistenza ai carcerati. Faceva loro catechismo e li confessava, conquistandoli con l’aria gioviale che lo contraddistingueva. Predicarono insieme, alcune volte, gli esercizi spirituali: il Cafasso lo considerava tra i migliori oratori della città, le sue omelie erano profonde ma semplici, se necessario faceva uso del piemontese.
In Borgo Dora, poco distante dalle Opere della Marchesa di Barolo, nel 1832 San Giuseppe Benedetto Cottolengo fondò la “Piccola Casa della Divina Provvidenza”. Borel fu testimone privilegiato della sua istituzione e vi collaborò per oltre dieci anni, finché gli impegni glielo permisero. Le sue testimonianze al processo di beatificazione del Santo, nel 1866, furono preziose. Altro suo grande amico fu Giovanni Bosco, fin dai tempi del seminario di Chieri quando Borel andò a predicarvi gli esercizi spirituali. Era l’autunno 1837, don Bosco annotò: «Dal primo momento che ho conosciuto il Teologo Borel ho sempre osservato in lui un santo sacerdote, un modello degno di ammirazione e di essere imitato. Ogni volta che poteva trattenermi con lui aveva sempre lezioni di zelo sacerdotale, sempre buoni consigli, eccitamenti al bene». Don Bosco, ricevuta l’ordinazione sacerdotale nel 1841, iniziò il triennio di teologia morale presso il convitto di San Francesco d’Assisi a Torino, alla scuola del Guala e del Cafasso. L’8 dicembre iniziò a radunarvi alcuni giovani con lo scopo di combattere l’analfabetismo e il degrado morale e religioso cui erano esposti. Don Bosco grazie al Cafasso e a Borel, nell’autunno 1844, fu assunto come cappellano per l’erigendo Ospedaletto di S. Filomena. Don Bosco ebbe per alloggio una camera a fianco di quella di Borel. Il Santo pensò di radunarvi i ragazzi che in San Francesco non poteva più accogliere: la domenica il giardino del Rifugio venne festosamente invaso da tanti giovani, ma non era lo spazio adatto. Si trasferirono provvisoriamente presso la cappella di San Martino ai Molini dove don Bosco conobbe Michelino Rua, un ragazzo di otto anni che sarebbe stato il suo successore. San Giovanni Bosco cessò d’essere cappellano dell’Ospedaletto di S. Filomena, Giulia di Barolo però negli anni non mancò di fargli pervenire generose offerte per la sua opera. La Pasqua del 1846 fu memorabile: don Bosco poté festeggiarla con i suoi ragazzi tra i prati di Valdocco dove gli era stata offerta in affitto la tettoia Pinardi. Borel stipulò il contratto assumendosene la responsabilità. Nel luglio 1846 don Bosco cadde gravemente ammalato e tornò ai Becchi, tra le natie colline astigiane, lasciando tutto nelle mani di don Borel che lo sostituì nella direzione dell’oratorio. Al suo ritorno, in autunno, trovò tanti nuovi ragazzi che potè aiutare grazie alle generose offerte del Cafasso e di Borel. In novembre si trasferì a Valdocco Mamma Margherita che trovò in quest’ultimo il suo padre spirituale. Molte volte don Borel giocava ai birilli sul piazzale di Valdocco e con qualche espediente faceva in modo che i ragazzi varcassero il cancello affinché don Bosco li avvicinasse. Ormai erano ottocento. Nell’agosto 1847 don Bosco e don Borel ebbero l’idea di aprire un altro oratorio. L’8 dicembre fu inaugurato il San Luigi presso Porta Nuova, in locali molto poveri presi in affitto, dove oggi si innalza la chiesa di S. Giovanni Evangelista. Il Santo rimase quel giorno a Valdocco mentre Borel seguì l’inaugurazione, celebrando la Messa. In tempi difficili, don Bosco parve essere abbandonato da tutti, tranne che dall’intrepido amico che nei quattro anni successivi si assunse la responsabilità dell'Oratorio di fronte alle autorità religiose e civili. Nonostante i numerosi impegni, soprattutto al Rifugio e nelle carceri, trovava il tempo di lavorare all’oratorio rubando le ore al sonno. Nel 1848 dalle parti di Porta Nuova, Borel scampò ad alcuni spari durante uno scontro tra ragazzi, come don Bosco che diverse volte uscì illeso da attentati. L’anno successivo furono nominati responsabili dell’oratorio dell’Angelo Custode, riaperto su loro istanza per interessamento anche del Cafasso. Nel 1850 nacque a Torino la Società di San Vincenzo per sacerdoti, le cui conferenze si tenevano settimanalmente nella chiesa del Cottolengo, tra i fondatori figurano: Giovanni Borel, padre Luigi Anglesio, Giuseppe Cafasso, padre Durando, don Bosco, don Cocchi. Il 19 febbraio 1851 fu acquistata, “in comune” la tettoia Pinardi e il terreno adiacente: don Bosco concluse l’affare grazie a Roberto Murialdo, al Cafasso e al fedelissimo amico Borel. A Valdocco, nel giro di pochi anni, sorsero laboratori di calzoleria, di sartoria, di legatoria e di tipografia. Molti ragazzi videro cambiare la propria esistenza. Contemporaneamente cresceva l’Oratorio S. Luigi: vi prestarono servizio il B. Francesco Faà di Bruno e S. Leonardo Murialdo che nel 1857 ne divenne direttore.
La sera del 25 marzo 1869 tutto l’oratorio di Valdocco era in festa perché don Bosco tornava da Roma. Borel, reduce da una malattia, raggiunse l’oratorio a fatica. Quando lo vide don Bosco esclamò: “Oh teologo, la Pia Società è approvata”. “Deo gratias! – rispose l’amico - Ora muoio contento!”. L’8 maggio Borel fu nominato Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro per l’instancabile impegno pastorale e caritativo che aveva esercitato in tutta la vita, ma umilissimo continuò a scappare da ogni onore. “Valoroso bersagliere di s. Chiesa” lo si definì in una memoria rinvenuta tra le carte di don Bosco. Per la salvezza delle anime patì più volte la fame e il sonno, don Bosco diceva il suo lavoro equivaleva a quello di dieci buoni preti.
Un giorno, di ritorno da Crema, dove aveva accompagnato una suora, fu aggredito da alcuni delinquenti. Aveva ormai superato i settanta anni, non si riprese più. Morì il 9 settembre 1873, il giorno seguente fu sepolto nel Cimitero Monumentale di Torino (campo primitivo). In suo onore, nel 1931, nel cortile di Valdocco, per volere del B. Filippo Rinaldi, si inaugurò un ovale in bronzo, proprio a lato della ricostruita tettoia Pinardi.


Autore:
Daniele Bolognini

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Aggiunto/modificato il 2012-03-03

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