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Don Felice Rosada

Testimoni



Biografia

Felice Rosada è nato a Gaiarine il 15 gennaio 1910 da una famiglia molto modesta. Era il primo di dieci fratelli.
Il padre si chiamava Giovanni Battista e la madre Anna Donadel. Abitava con la famiglia  in un vicolo del centro del paese. Presto sentì la vocazione al sacerdozio e, ordinato sacerdote, prestò il suo apostolato nelle chiese di Vazzola, Orsago e nella Cattedrale di Vittorio Veneto.
Dal 16 settembre 1941 fu Arciprete a Mel e Vicario foraneo della zona bellunese.
Morì a Mel il 2 gennaio 1959 dove  è stato anche sepolto.
Ancora oggi ci sono persone che continuano a venerare in preghiera la tomba e in tante case  è esposta la sua  foto.
Recentemente l'Amministrazione cumunale di Mel gli ha dedicato una via.

Testamento

Al Signore Iddio il sacrificio della mia vita in isconto dei miei peccati e per la salvezza delle anime.
Domando perdono ai miei Superiori e ai miei carissimi fedeli di quanto potevo e dovevo fare e non ho fatto per i miei doveri spirituali di sacerdote e Pastore d'Anime.
Mi raccomando vivamente alle loro preghiere.
Iddio mi accolga nella sua infinità Bontà e Misericordia; Maria Santissima, Rifugio dei peccatori, mi sia Madre pietosa.
Ai miei carissimi figli spirituali di Mel un ricordo ed un richiamo paterno, l'ultimo: Siate sempre uniti ai vostri Sacerdoti; Santificate i giorni del Signore con la frequenza al Catechismo.
Don Felice Rosada

Testimonianze

Il Vescovo Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I, appena eletto alla Cattedra di Vittorio Veneto, andò a visitare il suo amico sacerdote Antonio Mazzer, moribondo. Alcuni giorni dopo ai funerali di questo presbitero rivelò una preghiera che aveva fatto al Signore: di avere l'ascendente sui preti che aveva monsignor Mazzer e la carità che aveva don Felice Rosada, parroco di Mel, scomparso alcuni giorni prima del suo ingresso in Diocesi.
Don Domenico Persico , parroco di Mel e per due anni cappellano di don Felice Rosada, in un'intervista di Loris Robassa al quotidiano " Il Gazzettino " tra le altre cose afferma: "Ho vissuto poco tempo al fianco di don Felice, deceduto il 2 gennaio 1959. Era una persona saggia, intelligente e santa. Quei pochi mesi non li ho mai dimenticati. I suoi insegnamenti sono stati un valido aiuto per tutto il mio servizio pastorale". Don Domenico parla di don Felice come di "una stella per la sua vita".
Mons. Gabriele Rui, che fu cappellano di don Felice dal 18 agosto 1950 al 24 agosto 1954, in una sua memoria manoscritta scrive tra le altre cose: " Signore, ti ringrazio di avermi fatto oggetto della tua bontà infinità. Tu mi hai dato la grazia di poter conoscere e vivere la vita di un “santo”. Dire che la vita di don Felice fu sempre edificante è dire poco. Non è facile esprimere a parole ciò che si è potuto rilevare vivendo assieme a lui.La sua vita ha avuto un unico obiettivo: amare Dio nei fratelli a cominciare dal suo più vicino collaboratore. Non vi fu persona che incontrandolo non rimanesse edificata sia che abbia avuto contatti di spiritualità oppure contatti di semplice incontro”.La sua carità, sotto l'aspetto dell'aiuto materiale ai bisognosi, era senza limiti, tanto da far dire a parecchi parrocchiani che era una carità " esagerata", perchè non pensava a sè neppure nelle cose più necessarie. Era tutto per gli altri. Quasi ogni giorno si avvicendavano in canonica alcuni bisognosi della Parrocchia per i quali aveva dato disposizione di servire loro il pranzo.
Don Rui poi racconta un fatto straordinario e misterioso avvenuto una notte d'inverno dopo un'abbondante nevicata. Durante la notte, sotto la canonica, una voce femminile chiama il parroco e don Felice  va alla finestra per vedere chi fosse. Vede una   donna  che lo avvisa che nel paesino di Gus, nella famiglia P., una persona stava per morire e che quindi era richiesta la sua presenza. Don Felice dice alla donna di aspettare per poter fare la strada insieme, considerato che era notte. Sveglia  il sacrestano per farsi  aprire la chiesa, prende il breviario, il Santissimo e l'olio santo e parte a piedi.
Non trova però ad attenderlo sotto la canonica la donna che lo aveva svegliato, sapeva comunque dove abitava la famiglia. Ma raggiunto il posto lo attendeva una sorpresa:
"il malato" e i familiari si meravigliarono della sua  presenza perché nessuno di loro lo aveva chiamato, inoltre il capo famiglia non era ammalato. Don Felice rimane alquanto sorpreso di ciò, ma capisce che forse una mano lo ha guidato in quanto il capofamiglia decide di confessarsi e di comunicarsi. Poi, sempre di notte, ritorna in paese a  Mel. Il mattino dopo lo avvisano che Gustavo P. era morto.
Don Felice non è mai riuscito a sapere   chi fosse la donna che era venuta ad avvisarlo.


Note:
Per informazioni e testimonianze: [email protected]

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Aggiunto/modificato il 2012-02-13

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