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Gabrielle Bossis Terziaria francescana

Testimoni

Nantes, Francia, 26 febbraio 1874 - 9 giugno 1950

Gabrielle Bossis nacque a Nantes il 26 febbraio 1874, ultimogenita di una famiglia benestante. Aderì, poco più che ventenne, al Terz’Ordine francescano e s’impegnò come crocerossina durante la prima guerra mondiale. Quarantanovenne, fu incoraggiata dal parroco di Le-Fresne-sur-Loire, luogo delle sue vacanze, a produrre opere teatrali con intenti edificanti, nelle quali recitava lei stessa: furono la missione cui si dedicò per il resto della vita. A sessantadue anni, durante un viaggio che l’avrebbe condotta in Canada in tournée, avvertì una voce interiore, che l’invitava a scrivere quanto le diceva. I dialoghi tra Gabrielle e “Lui”, così ella chiamava la voce misteriosa, continuarono fino alla morte di lei, avvenuta il 9 giugno 1950 a Nantes, a settantasei anni, per un tumore. I suoi resti mortali riposano nel cimitero di Le-Fresne-sur-Loire.



L’infanzia
Gabrielle Bossis nacque a Nantes il 26 febbraio 1874, ultimogenita di Auguste e Clémence Barthélémy. La famiglia, benestante, comprendeva già un figlio maschio, Auguste, e due femmine, Clémence e Marie. Nei suoi primi anni rifuggiva i giochi movimentati e le riunioni mondane che si svolgevano nella sua casa di avenue de Launay 15; nonostante le attenzioni dei suoi e della balia Jenny, ricercava unicamente il silenzio e la solitudine.
All’età di sei anni intraprese gli studi dalle suore Fedeli Compagne di Gesù, chiamate “Dame nere”, il cui pensionato era frequentato dai figli di famiglie agiate. Lì ricevette la sua Prima Comunione il 10 giugno 1886.

Una giovane affascinante
Tra i venti e i ventiquattro anni fu molto combattuta: un padre francescano, infatti, le suggerì di entrare in convento. Infine, comprese che non avrebbe dovuto prendere la via del chiostro, ma la spiritualità francescana continuò a far parte di lei, tanto da entrare successivamente nel Terz’Ordine col nome di suor Maria del Cuore di Cristo.
La vita in famiglia continuava, tra feste, gite e periodi trascorsi in una casa di villeggiatura, a Le-Fresne-sur-Loire. Da bambina timida che era, divenne una giovane dotata di un carattere socievole e di una bellezza ordinaria, ma affascinante. Era anche molto portata per tutte le forme d’arte: pittura, scultura, canto, in breve tutte quelle che potevano servire a una signorina di buona famiglia. Il suo fascino le valse numerose proposte di matrimonio, ma le rifiutò tutte.

Infermiera durante la Grande Guerra
Nel giro di pochi anni, numerosi lutti la colpirono: la morte del padre nel 1898, della madre nel 1908 e, nel 1912, della sorella Clémence; gli altri fratelli avevano lasciato la famiglia per sposarsi.
Rimasta dunque sola, Gabrielle lavorò in un laboratorio di arredi sacri per le missioni e insegnò catechismo a Nantes e a Le-Fresne. Durante la Grande Guerra, ottenne il diploma da infermiera e prestò servizio dapprima nella sua regione d’origine, poi negli ospedali di Verdun. I soldati feriti presero a volerle davvero molto bene.

Il suo esordio nel teatro parrocchiale
Terminata la guerra, Gabrielle prese a trascorrere lunghi periodi nel villino di Le-Fresne, partecipando alla vita della parrocchia del luogo. Fu allora che, all’età di quarantanove anni, la sua vita ebbe una prima, inaspettata svolta. Il parroco di Le-Fresne, l’abbé Olive, che la conosceva da quand’era adolescente e l’aveva spesso esortata a “prendere il largo”, nel 1923 le fece una proposta: «Le commedie che vorrei far recitare alle giovani della parrocchia sono ridicole e assurde. Ne scriva una lei».
Gabrielle, allora, si mise alla prova: scrisse e interpretò lei stessa, insieme alle ragazze della parrocchia, un testo intitolato «Le charme», che aveva come tema il fascino che le grandi città esercitavano sui giovani inesperti. Il pubblico fu entusiasta, come l’abbé Olive, il quale inviò la compagnia teatrale in altre parrocchie e patronati.

Il teatro come missione
Nell’arco di tredici anni, dal 1923 al 1936, Gabrielle compose circa tredici commedie e quattordici balletti, tutti con finalità morali e spirituali. La sua abilità maggiore consistette proprio nello scrivere testi dove poteva affiancare le giovani, riservandosi ruoli di spicco, ma senza voler primeggiare: la sua missione, perché tale la considerava, era diffondere i valori in cui credeva. I protagonisti, poi, non erano personaggi appartenenti all’alta società, ma la gente della strada, dotata di ricchezza interiore. Nel frattempo, «Le charme» venne edito e ricevette pubblici apprezzamenti anche da parte di esponenti della gerarchia ecclesiastica.
Quando era chiamata a rappresentare le sue opere altrove, si dedicava alla formazione di giovani che mai prima d’allora avevano calcato le scene, riuscendo a far divertire anzitutto loro stesse. Come scrisse a un patronato dove doveva tenere uno spettacolo, «Non preoccupatevi per i balletti, li insegnerò in un quarto d’ora. Sono abituata agli elefanti che si trasformano in gazzelle».
Gabrielle non si risparmiava per amore del suo pubblico: trasportava di persona i costumi e gli attrezzi di scena e spendeva di tasca propria per organizzare le tournées, che ben presto la portarono oltre i confini nazionali.

Una “Voce” le cambia la vita
Fu proprio durante uno di quei viaggi che si manifestò, forse non per la prima volta ma in maniera più forte del solito, l’evento che le cambiò la vita.
Gabrielle aveva ormai sessantadue anni quando, nel 1936, accettò di organizzare una tournée in Canada. Mentre viaggiava sul transatlantico “Île-de-France”, prese a tenere un diario per ingannare il tempo della lunga traversata. Pian piano, alle descrizioni della natura e degli eventi, si sostituivano le parole che una misteriosa voce l’invitava a scrivere, chiamandola «Mia figliolina».
Al termine delle esibizioni canadesi, Gabrielle continuò il suo diario, ma non annotava più i successi sulla scena: contavano solo le parole che la Voce le dettava. Ella stessa, a volte, non era sicura che fosse Gesù in persona a parlarle. D’altro canto, “Lui” – così lei chiamava chi le parlava dentro – le rispondeva con frasi improntate alla fiducia e all’abbandono in Dio.

Durante la seconda guerra mondiale
Sopraggiunto il secondo conflitto mondiale, Gabrielle non ne lascia gran traccia nel proprio diario, ma dalle sue lettere emergono le difficoltà che affrontava come tutti, però con un conforto in più, datole dal suo interlocutore nascosto.
Si sa che, nel giugno 1940, la sua casa di Nantes venne occupata dai tedeschi: dovette sfollare a Curzon, a bordo di un carro infestato dalle pulci, ma vi ritornò quando gli ufficiali la lasciarono. Negli anni successivi soggiornò a Le-Fresne e si prese cura di sua sorella Marie, moribonda. Nel settembre 1943, un grave bombardamento semidistrusse il centro di Nantes. Gabrielle decise, allora, di accogliere una delle famiglie rimaste senza casa.

Verso la pubblicazione di «Lui e io»
I dialoghi interiori, nel frattempo, continuavano e riempivano pagine e pagine di quaderni. Gabrielle si confidò con un sacerdote amico, il gesuita padre Alphonse de Parvillez, il quale lesse i suoi scritti e ne auspicò la pubblicazione, almeno in forma antologica. Lei, invece, non era favorevole e preferiva che, se proprio dovessero essere editi, lo fossero dopo la sua morte, anche se la Voce le aveva più volte ripetuto che le parole che le dettava erano rivolte a tutti.
Alla fine accettò la pubblicazione di alcuni estratti, a cui diede il titolo di «Lui e io». Padre de Parvillez, nonostante si fosse in tempo di guerra, trovò un editore, Raphaël Labergerie, a cui consegnò gli originali manoscritti di Gabrielle. A poche ore di distanza, Labergerie venne ucciso in mezzo alla strada: dopo ore di panico e di ricerche, i manoscritti vennero ritrovati.

Una vita spirituale nascosta
Terminata la guerra, Gabrielle riprese le sue tournées. Quando soggiornava a Le-Fresne, i suoi giorni erano allietati dalle visite dei suoi nipoti e bisnipoti, che intuivano appena il suo vissuto spirituale.
Ogni giorno si recava alla prima Messa e faceva la Via Crucis; ogni giovedì, poi, si raccoglieva per l’Ora Santa di adorazione eucaristica. Sotto gli abiti, portava una cintura di fil di ferro appuntiti, come strumento di penitenza, che venne ritrovata dopo la sua morte.

La prima edizione di «Lui e io»
A quattro anni dal primo tentativo, nel 1948, padre de Parvillez trovò un nuovo editore, Gabriel Beauchesne. Gabrielle si occupò di selezionare personalmente gli estratti per la pubblicazione, ricopiandoli per agevolare i tipografi in dieci quaderni, di formato più grande di quelli dove ella aveva appuntato direttamente i dialoghi.
Infine, il primo volume di «Lui e io» uscì a fine luglio 1949, anonimo, ma accompagnato dalla prefazione di monsignor Villepelet, vescovo di Nantes, del gesuita Jules Lebreton, decano della Facoltà Teologica di Parigi, e di padre de Parvillez.

La malattia
Circa due o tre settimane dopo la pubblicazione, Gabrielle subì un’operazione: le era stato diagnosticato, infatti, un tumore al seno. A metà settembre era ancora ricoverata, ma la Voce le chiese di lavorare ancora un po’, quindi si rimise all’opera per selezionare gli estratti del secondo volume.
A metà marzo 1950, si sentì affaticata per la prima volta: credeva che fosse una bronchite o una pleurite ma, come accertarono i medici, si trattava del tumore che si era espanso nei polmoni. Quando il dottore le rivelò che non si sarebbe mai più alzata dal letto, si dispose ad accettare il volere di Dio: ricevette l’Unzione degli Infermi e, il 16 maggio, il Viatico.
Ai nipoti, accorsi per l’ultimo saluto, chiese un favore, con voce fioca ma senza perdere il suo buonumore: «Sapete che mi è sempre piaciuto travestirmi… Là c’è una veste, piegata in una scatola. Se non vi spiace, mettetemela per la mia sepoltura». Si scoprì che non si trattava di un costume di scena, bensì del suo abito come Terziaria Francescana.
Il 25 maggio, due giorni dopo aver ricevuto il Viatico per la seconda volta, mise per iscritto l’ultimo dei dialoghi: «Sono arrivata al termine della mia vita?… Forse celebro ora la mia prima ed ultima Messa? Dove sei, amorosa Presenza?… E dopo, che sarà?». Lui rispose: «Sarò io, sarò sempre io».

La morte
Verso le quattro del mattino del 9 giugno, quell’anno festa del Corpus Domini, l’infermiera vide che Gabrielle era ancora presente a sé stessa ma quando tornò due ore dopo, si rese conto che lei era ormai spirata.
Sulla sua pietra tombale presso il cimitero di Le-Fresne, su cui è posto un Crocifisso, spiccano le seguenti parole:
«O Cristo, fratello mio
Lavorare accanto a te
Soffrire con te
Morire per te
Sopravvivere in te».

«Lui e io» anche in Italia
La stampa integrale di «Lui e io» venne conclusa nel 1957, sempre per le edizioni Beauchesne, in sette volumi, ma i dialoghi non sono editi in ordine cronologico.
In Italia, Lucia Barocchi ha dedicato alla biografia e al diario di Gabrielle il volume «Lui e Gabrielle Bossis», edito da San Paolo nel 2005. Nel 2012, per l’editrice Marietti, è uscita una nuova antologia di «Lui e io». La prima edizione integrale è invece uscita nel 2019, per le Edizioni Ares.

Il giudizio della Chiesa sulla sua esperienza
Il giudizio delle autorità ecclesiastiche non si è ancora ufficialmente espresso circa l’identificazione della Voce con quella di Gesù. Tuttavia, l’interesse sui dialoghi non è mai venuto meno da parte di numerosi teologi, che li considerano un testo spirituale tra i più profondi del secolo scorso.
Dal 13 settembre 2005 esiste un’Associazione, in Francia e in Italia, che si occupa di conservare e diffondere la spiritualità di questa donna, che dialogò con l’Alto senza scardinarsi dalla vita e dalla società del suo tempo.


Autore:
Emilia Flocchini


Note:
Per approfondire: www.gabriellebossis.fr

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Aggiunto/modificato il 2021-03-07

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