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> Home > Sezione Servi di Dio > Servo di Dio Niccolò Giovanni Battista Olivieri Condividi su Facebook Twitter

Servo di Dio Niccolò Giovanni Battista Olivieri Sacerdote

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Voltaggio, Alessandria, 21 febbraio 1792 - Marsiglia, Francia, 25 ottobre 1864


Nacque a Voltaggio (Alessandria), allora ducato di Genova, il 21 febbraio 1792, da Luigi, calzolaio poi modesto commerciante, e da Maria Caterina Bisio.
Ricevette l’istruzione primaria dalla scuola pubblica e dal parroco del paese, mostrando una precoce devozione che lo portò a entrare in seminario a Genova a 18 anni. Completò gli studi di filosofia e teologia conseguendo il baccellierato imperiale e fu ordinato sacerdote il 18 febbraio 1815. Assegnato alla parrocchia genovese di S. Sisto di Pré fu raggiunto dalla lontana cugina Maddalena Bisio (Nena) che si rivelò una preziosa collaboratrice nella sua attività missionaria. Come parroco, oltre alla pratica dell’orazione e della predicazione, era presente nella vita quotidiana dei fedeli aiutando bisognosi, malati e carcerati e dedicandosi alla redenzione delle prostitute nel Ricovero o conservatorio per penitenti, che diresse dal 1823 al 1849 con spirito riformatore.
Dalla seconda metà degli anni Trenta cominciò a interessarsi al problema dei bambini venduti come schiavi in Africa, un tema verso il quale a Genova vi era viva sensibilità, sia per i secolari rapporti con terre e popoli di là del Mediterraneo, sia per influenza del contemporaneo risveglio missionario in Francia, noto grazie ai resoconti delle Annales de la Propagation de la Foi dell’omonima società lionese, la cui versione italiana Olivieri leggeva avidamente. Si era alla vigilia della prima esplicita condanna pontificia della tratta negriera (con particolare riferimento a quella dei bambini) contenuta nell’enciclica In Supremo Apostolatus di papa Gregorio XVI del 3 dicembre 1839. In questa temperie, anche per la conoscenza del caso di un giovanissimo schiavo portato a Genova, Olivieri prese l’iniziativa di utilizzare lo strumento del riscatto e di appoggiarsi a un mercante genovese al Cairo, il quale acquistò per lui un bambino della Guinea di 6-7 anni che fu battezzato a Genova con il nome di Giuseppe Santamaria.
Il riscatto era un metodo sperimentato in passato per liberare i cristiani prigionieri nel mondo islamico e divenne nel XIX secolo una soluzione molto praticata dai missionari per gli schiavi africani. Tuttavia essa presentava il carattere ambiguo di risultare un sotterfugio presso gli abolizionisti e di far apparire i missionari come acquirenti di schiavi.
L’intento di Olivieri per gli africani riscattati era anzitutto quello di battezzarli, ma anche di istruirli per farli diventare missionari da rimandare in Africa per l’apostolato dei loro connazionali, come avvenne per Santamaria che studiò a Roma al Collegio urbano di Propaganda Fide e poi tornò in Guinea. In seguito Olivieri puntò sul riscatto delle bambine, che avevano un prezzo più alto in quanto ricercate per il mercato matrimoniale in Africa e nel mondo islamico.
Il sistema necessitava di due condizioni importanti: sollecitare presso i devoti finanziamenti per pagare i riscatti e trovare luoghi, soprattutto conventi, per garantire ai bambini un’educazione religiosa. La posizione di acquirente per procura era certo delicata: a causa dello spregiudicato atteggiamento degli intermediari si rischiava infatti di perdere denari e quindi credibilità presso i sovvenzionatori.
Olivieri stabilì quindi due corrispondenti fissi e fidati ad Alessandria d’Egitto, tra i quali il console sardo Paolo Cerruti, che potevano frequentare il grande mercato del Cairo. Inoltre sensibilizzò centinaia di istituti religiosi in Europa – soprattutto femminili – affinché costituissero luoghi di accoglienza per le bambine e formassero una rete di sostegno economico per il riscatto. Sul modello lionese, iniziò a scrivere relazioni sulla propria attività che vennero stampate, per propagandare l’iniziativa, dai fratelli Luigi e Paolo Bruzzone. Tradusse poi dal francese gli opuscoli nei quali veniva descritta la vita delle piccole africane ospitate nei conventi francesi.
Pio IX nel 1847 dette la sua approvazione all’attività di Olivieri, denominata Pia Opera del riscatto, e lo sostenne sempre, ricevendolo in Vaticano con i bambini riscattati, quando era di passaggio a Roma. Nel 1850 Olivieri fu insignito del titolo di missionario apostolico e molti cardinali e vescovi divennero suoi finanziatori.
L’aumento considerevole del numero dei riscatti consentito da questi appoggi cominciò a inquietare le autorità egiziane, sulle quali il governo turco premeva per abolire il commercio. L’operazione non poteva esser più svolta per interposta persona e Olivieri dapprima inviò Nena Bisio, in seguito iniziò a compiere egli stesso viaggi in Africa che venivano raccontati nelle relazioni a stampa. Tuttavia il prezzo del riscatto aumentava sempre e l’impegno diretto di Olivieri nelle trattative lo esponeva a critiche: per l’accresciuta richiesta di bambini si finì infatti per incentivarne il prelievo dalle famiglie da parte dei negrieri; oggetto di biasimo era anche la destinazione in Europa delle piccole battezzate, che per lo più era il convento femminile, molto più raramente il matrimonio e il lavoro come istitutrici; il trasferimento comportava infine per i bambini un disagio psicologico che in più di un terzo dei casi portava alla malattia e addirittura alla morte.
L’opera di Olivieri fu comunque apprezzata e sostenuta da molti esponenti del mondo missionario in Italia e in Francia, tra i quali anche Daniele Comboni, con cui però non si instaurò alcuna collaborazione, cosa che invece avvenne, per un certo periodo, con i trinitari. Il francescano Ludovico da Casoria accolse molti riscattati maschi nel suo Collegio dei mori per farne dei missionari destinati all’Africa.
Olivieri era solito anche rivolgersi ai laici e soprattutto fare visita alle corti europee, in Francia, in Italia (in particolare presso la corte sabauda), in Baviera, in Austria, ricevendo elemosine da parte di re e regine e di nobili devoti. Nelle relazioni stampate dava conto, oltre che della sua esperienza in Africa, anche dei nomi dei devoti sovvenzionatori e delle istituzioni che accoglievano i giovani. Per quest’opera un aiuto gli venne dal sacerdote Biagio Verri, che fu il suo successore alla guida dell’Opera, e da Giuseppa Ranzani, maestra comunale di Rho (Milano).
Provato dal continuo viaggiare, morì a Marsiglia il 24 ottobre 1864.
Aveva riscattato 810 tra ragazzi e ragazze. La sua salma fu trasferita a Genova il 9 dicembre 1864 e traslata il 26 maggio 1984 a Voltaggio. Il processo di beatificazione, iniziato a Genova e a Marsiglia nel 1896 ma non completato dall’allora postulatore Giacomo Della Chiesa, futuro Benedetto XV, è ripreso nel 1981 per iniziativa dei Missionari urbani-rurali.


Autore:
Giovanni Pizzorusso

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Aggiunto/modificato il 2014-01-02

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