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> Home > Sezione Servi di Dio > Serva di Dio Fortunata (Natuzza) Evolo Condividi su Facebook Twitter

Serva di Dio Fortunata (Natuzza) Evolo Laica e madre di famiglia

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Paravati, Vibo Valentia, 23 agosto 1924 – 1° novembre 2009

Fortunata Evolo nacque a Paravati, frazione di Mileto in provincia di Vibo Valentia, il 23 agosto 1924. Giovanissima andò a lavorare come donna di servizio presso la famiglia dell’avvocato Silvio Colloca. A causa di molti fenomeni inspiegabili, per due anni dovette vivere in una casa di cura a Reggio Calabria. Quando ne uscì, sposò Pasquale Nicolace, da cui ebbe cinque figli. Certa che la sua missione dovesse essere quella di confortare il prossimo, favorì la nascita di molte opere di assistenza sociale e di Cenacoli di Preghiera, prima nella sola diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, poi in gran parte del mondo. Fiduciosa nel Cuore Immacolato della Vergine Maria, che venerava come Rifugio delle Anime, s’impegnò a vivere la sofferenza sul modello di Gesù Crocifisso. Morì il 1° novembre 2009, a ottantacinque anni, nella casa di riposo di Paravati, intitolata a monsignor Pasquale Colloca e da lei stessa voluta. Il 17 ottobre 2018 la Congregazione delle Cause dei Santi ha rilasciato il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione. La prima sessione del processo diocesano è stata fissata al 9 aprile 2019, nella cattedrale di Mileto. I resti mortali di colei che è ormai conosciuta come “mamma Natuzza” riposano nella cappella della Fondazione “Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime” a Paravati.



Fortunata Evolo, "Mamma Natuzza" come la chiamava chi la conosceva, era nata, in Calabria, a Paravati il 23 agosto 1924, in una realtà desolata e povera dove la crisi agricola che interessava tutto il Sud costringeva molti ad emigrare. Tra questi c’era il padre, Fortunato Evolo, partito per l’Argentina a un mese dalla sua nascita e mai più tornato.Per questo l’infanzia di Natuzza è stata molto difficile; spesso in casa non c’era nulla da mangiare, neppure un pezzo di pane.
Inoltre la gente mormorava: "Come può la madre di Natuzza, da sola, crescere tutti quei figli nati dopo la partenza del marito?".
Fin da piccolissima, Natuzza sviluppa un istinto protettivo non solo verso i fratelli, di cui riesce a prendersi cura perfettamente durante le assenze della mamma, ma anche verso tutti i piccoli amici.
All’età di 5-6 anni iniziarono per lei una serie di visioni e altri inspiegabili fenomeni come i primi contatti con quella realtà soprannaturale che ne avrebbe pervaso l’intera esistenza, anche se, come molti anni dopo spiegherà lei stessa ai suoi padri spirituali, non aveva capito che quella bella ragazza che le appariva era la Madonna, mentre aveva sempre sospettato che quel bambino bellissimo che giocava con lei e con i suoi fratellini fosse Gesù.
Quando riceve il Sacramento dell’Eucarestia, la bocca le si riempie di sangue; è il primo segno di quelle sofferenze mistiche che cominceranno a manifestarsi di lì a poco sul suo corpo.
Su segnalazione di Vincenzo Cirianni, un massaro di buon cuore, arrivò alla ragazzina la provvidenziale offerta dell’avvocato Silvio Colloca, un affermato professionista della vicina Mileto, il quale aveva bisogno di una collaboratrice domestica per la moglie, Alba.
Natuzza avrebbe avuto vitto e alloggio, più una modesta paga con cui poter aiutare i familiari. Ed è in questa casa che si accentueranno i fenomeni della visione dei defunti, della bilocazione e dei dialoghi con l’Angelo Custode al punto che Natuzza comunica "messaggi" inauditi e impossibili per un’analfabeta.
A far precipitare gli eventi in questa direzione, subentra un fatto nuovo: la Madonna dice a Natuzza che il 26 luglio farà la "morte apparente".
Era il 26 luglio del 1938. Natuzza non comprende il significato della parola "apparente" e avvisa la signora Alba che finalmente raggiungerà il suo Gesù.
Cadrà in un lungo sonno che durerà sette ore, attorniata da tanti medici, che erano là ad aspettare la morte…
Racconterà, al suo risveglio, che si è trovata in Paradiso, al cospetto di Gesù che le chiese di dividersi i compiti: portare a Lui le anime. Amare e compatire. Amare e soffrire.
È il giorno della promessa, il giorno più bello della sua vita, che la segnerà per sempre. Quell’incontro sarà la luce e la forza che animerà di amore ogni suo gesto e l’offerta di tutta la sua vita.
Il 29 giugno del 1940, festa dei Santissimi Pietro e Paolo, mentre Natuzza riceve dal Vescovo monsignor Paolo Albera il sacramento della Cresima, avverte un brivido profondo in tutto il corpo e qualcosa di gelido scorrerle dietro: sulla sua camicia si era disegnata una grande croce di sangue.
Le autorità religiose invitano alla prudenza, mentre la questione viene sottoposta all’attenzione dei medici e dal vescovado di Mileto viene inviata una lettera ad Agostino Gemelli che liquida sbrigativamente la questione consigliando l’isolamento in una casa di cura. Andrà a Reggio Calabria, dove resterà sott’osservazione del Professore Puca per due mesi.
All’uscita dall’ospedale psichiatrico Natuzza si unisce in matrimonio con Pasquale Nicolace nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Natuzza diventerà madre di 5 figli e, diversamente da quanto diagnosticato dal medico, le manifestazioni del sacro continueranno a verificarsi come prima del ricovero e delle cure.
La vita di Natuzza è stata semplice e umile, povera e nascosta, ma allo stesso tempo straordinaria, per il nascere e crescere di alcuni fenomeni di cui lei è stata ignara spettatrice e docile strumento.
Ha il dono della bilocazione. Vede Gesù, la Madonna, San Francesco di Paola, Padre Pio e altri santi. Vede i defunti e conversa con loro. Ma è la Settimana Santa il periodo in cui le manifestazioni si fanno più intense. Nei giorni che precedono la Pasqua, infatti, la mistica di Paravati rivive sul proprio corpo la Passione del Signore; cade in uno stato di estasi e le stimmate si trasformano a contatto con bende e fazzoletti in testi di preghiere in lingue diverse, ostie ed ostensori, corone di spine e cuori.
Natuzza non era mai andata a scuola, non sapeva né leggere né scrivere.
Fin da bambina ha avuto il dono di vedere e di parlare con l’angelo custode, un bambino di otto/nove anni, che la guidava e la consigliava nel rispondere in lingue straniere, nel diagnosticare malattie con una terminologia medica che solo una persona colta poteva dare.
Fin da ragazza Natuzza capì che la sua missione sarebbe stata quella di dare una parola di conforto alla gente.
Riceve per anni centinaia di persone al giorno. Da lei sono passati tutti: colti, ignoranti, potenti, poveri, religiosi e laici, affidandole sofferenze, angustie, invocando conforto e luce. E lei, facendosi carico delle loro sofferenze, ha dato a tutti una parola di conforto, di speranza e di pace, una risposta certa, il sorriso e la gioia.
In un passato ormai lontano, l’atteggiamento della Chiesa non era favorevole a Natuzza. Svanirà invece la prudente diffidenza delle autorità ecclesiastiche, di fronte all'ottima impressione ricevuta dalla sua vita umile, povera e obbediente.
La tomba di Natuzza è meta di pellegrinaggio. Segno che le sue parole si realizzano quotidianamente: "Quando sarò dall’altra parte farò più rumore".


Fonte:
www.fondazionenatuzza.org

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Aggiunto/modificato il 2019-04-02

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