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Venerabile Giacomo Viale Sacerdote francescano

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Airole, Imperia, 28 febbraio 1830 - Bordighera, Imperia, 16 aprile 1912

Frate minore della Provincia Ligure, realizzò eroicamente la sua vocazione religiosa esercitando per oltre 40 anni il ministero di parroco. Nella parroccia di S. Maria Maddalena di Bordighera (IM) incarnò la figura del buon pastore completamente dedito al bene del suo gregge. Si distinse per lo spirito di profonda orazione, l’esercizio della carità pastorale, la difesa dei diritti della Chiesa e dei poveri. Promosse l’associazionismo laicale cattolico, attese con straordinario impegno al ministero della parola, suscitando innumerevoli conversioni. Restaurò la chiesa parrocchiale, edificò il nuovo convento dell’Immacolata in Bordighera, istituì l’Ospizio San Giuseppe per i vecchi poveri e abbandonati. Negli ultimi anni di vita soffrì con pazienza diverse infermità. Morì a Bordighera il 16 aprile 1912. Il processo per la sua beatificazione fu avviato nel 1937. Papa Francesco l'ha dichiarato Venerabile l'8 luglio 2016.



Questo è dedicato a chi pensa che “l’altrove” sia sempre meglio del “qui e ora”; a chi sospira “se avessi avuto”, “se fossi andato”, “se avessi fatto”; a chi pensa che la perfezione risieda nelle circostanze esterne di tempo e di luogo piuttosto che nella volontà individuale di santificarsi e santificare, che popolarmente si può anche tradurre nel famoso “far di necessità virtù”.
Avete presente il sentirsi nato per fare il religioso, il farsi frate per vivere in convento, il voler essere povero per non toccare denaro? Ebbene, niente di tutto questo ha potuto essere padre Giacomo Viale, eppure è certo che del contrario di ciò che sognava ha saputo fare un capolavoro, tanto che la Chiesa, sulla sua vita, ha messo il timbro della venerabilità, il che significa che può essere di modello a tutti.
Serafino nasce nel 1830 ad Airole, entroterra di Imperia ad una dozzina di chilometri da Ventimiglia, in una famiglia dalla messa quotidiana, che ogni sera sgrana Ave Maria a lume di candela. È anche per questo che Dio in quella casa passa e chiama. E, soprattutto, che Serafino è capace di rispondere. È un bambino straordinariamente intelligente, Serafino, che non ha bisogno di studiare perché impara al volo la lezione e manda tutto a memoria senza fatica.
A 17 anni papà lo accompagna a Genova, dove incontra uno zio, Frate Minore nel convento dell’Annunziata e lì si ferma, ricevendo il saio da novizio e il nuovo nome di fra Giacomo. È sacerdote il 17 dicembre 1852, cioè prima ancora che scocchino i suoi 23 anni, e il primo periodo del giovane prete è tutto avvolto dalla quiete discreta e silenziosa del convento, impregnato di cultura e dedito al ministero: sembra che nulla e nessuno potranno mai spezzare il felice connubio con la vita claustrale di quel giovane che si sta modellando ad essere, e tale già sembra, francescano fino al midollo, amante della povertà fino allo scrupolo, meticolosamente osservante della Regola di San Francesco.
Tutto ciò fino al 4 febbraio 1863, quando si trova improvvisamente catapultato davanti alla fatiscente e degradata facciata della chiesa parrocchiale di Bordighera. Si tratta di una sorta di “prestito” dell’Ordine al vescovo di Ventimiglia che non sa più (trattandosi di territorio ligure possiamo proprio dirlo) che pesci prendere: sono anni, ormai, che i parroci di Bordighera, misteriosamente si “ammalano” e sono costretti a rinunciare al loro incarico. C’è chi “resiste” qualche anno, chi anche solo per pochi mesi, fatto sta che ben quattro parroci, e addirittura l’economo venuto a sostituire l’ultimo, hanno rinunciato all’incarico per “motivi di salute”, tanto che i concorsi per “parrocchia vacante” vanno regolarmente deserti.
Prima di considerare Bordighera “caso disperato” e rassegnarsi ad abbandonare al suo destino quella popolazione “difficile”, il vescovo si fa “prestare” padre Giacomo, il miglior frate di quel convento, che arriva a Bordighera con funzioni di “economo”, quindi con un incarico provvisorio, giusto il tempo cioè che la gente si converta e non faccia più ammalare i suoi parroci e, si sottintende, che qualche prete si faccia venire il coraggio di partecipare ai futuri concorsi. A padre Giacomo non va meglio che agli altri, semplicemente resiste di più.
Subito ribattezzato “u fratin”, cioè il fratino, non solo in riferimento alla sua corporatura, che non doveva essere imponente, ma anche ad un non so che misto a diffidenza e delusione, prende di petto una situazione incrostata da malintesi, pregiudizi e da una serpeggiante indifferenza religiosa. Per vincere la quale, pensa, la gente deve prima di tutto tornare ad innamorarsi della propria chiesa, trovare un ambiente decoroso e pulito, ristrutturato quanto basta perché sia piacevole il ritrovarvisi.
In principio continua a risiedere nel suo convento di Ventimiglia, spostandosi a Bordighera solo nei fine settimana, giusto il tempo per confessare, celebrar messa e fare catechismo. E a fare il minimo indispensabile perché la chiesa parrocchiale, davvero fatiscente, sia almeno presentabile: la precarietà e la provvisorietà della sua nomina non gli consentono proprio di fare di più.
Sembra, però, che alla gente basti già così: quel fratino, deciso ma gentile, sempre indaffarato seppur devotissimo, invariabilmente con la mano tesa ma incapace a trattenere per sé, comincia a piacere. Figurarsi quando “u fratin” comincia a “fare sul serio” e ad avviare lavori più impegnativi, a cominciare dal tetto pericolante giù giù fino alle pareti interne della chiesa, che son ridotte da far pietà. 
Pur sempre provvisorio, ma in grado di far programmi, padre Giacomo inizia senza un soldo in tasca, confidando solo nella Provvidenza, e sono proprio i poveri i suoi primi benefattori, perché capiscono, prima degli altri, che quel loro parroco “provvisorio” non è povero come loro, ma poverissimo: senza un letto, perché le brande che gli regalano vengono sistematicamente calate nottetempo dalla sua finestra per finire nelle case dei più disperati; con due libri come cuscino e a volte senza calzoni e senza scarpe, perché la sua strada si incrocia sempre con qualcuno più bisognoso di lui.
Così, quando nel 1878 il convento richiama, dopo ben 15 anni di “prestito”, padre Giacomo e la parrocchia resta di nuovo orfana, scoppia una vera rivolta. I bordigotti, gente “calda” che faceva ammalare i parroci precedenti, adesso vogliono soltanto lui: se la prendono, arrivando a minacciarli, anche con il vescovo (mons. Tommaso Reggio, un sant’uomo che la Chiesa adesso venera come beato) e con il suo segretario; scrivono una supplica al papa e cominciano a disertare le celebrazioni.
Tutto questo, mentre comincia a muoversi anche la “macchina del fango”, azionata dagli anticlericali, ai quali sta di traverso quel padre Giacomo troppo popolare e troppo intraprendente, difeso però dalla popolazione che, con fare minaccioso e le donne con la scopa in mano, “occupa” la stazione di Bordighera per impedire di scendere dal treno al maestro delle scuole, colpevole di aver scritto un articolo sul giornale locale contro il “fratin” intingendo la penna nel veleno.
Non solo: un prete, semplicemente di passaggio a Bordighera e scambiato per il sostituto di padre Giacomo, è costretto a ripartire in fretta, rincorso dai parrocchiani che minacciano di prenderlo a sassate.
È un lungo braccio di ferro, tra Bordighera e la Curia e tra quest’ultima e il Convento, che si risolve alcuni mesi dopo con una nuova “permissione”: il “fratin” potrà tornare a Bordighera per un anno, ma solo per preparare gli animi ad accogliere il nuovo parroco.
Obbediente, padre Giacomo ritorna, ma alcuni mesi dopo, credendo di aver sufficientemente assolto il suo compito, chiede ai superiori di essere richiamato in convento, di cui sente la mancanza. Nel frattempo ha pure rifiutato la proposta della Curia di chiedere l’esclaustrazione e di essere incardinato in diocesi, perché francescano si sente fino al midollo e, soprattutto, fino alla morte.
Il nuovo concorso indetto per assegnare un parroco a Bordighera questa volta non va deserto, perché si presenta un volenteroso prete della vicina diocesi di Savona che senza troppa fatica ne diventa titolare. Peccato che i bordigotti gli impediscano fisicamente di prendere possesso della chiesa, preferendo tornare ad essere una comunità senza pastore piuttosto che senza il “fratin”.
È solo a questo punto che i frati si arrendono, magari anche per la pressione esercitata su di loro dalla romana Congregazione dei Vescovi, alla quale il disperatissimo vescovo Reggio con insistenza si è rivolto. Rinunciano pertanto ad ogni loro sogno di fare loro Provinciale (e…magari anche qualcosa di più) il conteso padre Giacomo, che può così preparare un suo nuovo ritorno, questa volta definitivo, a Bordighera, dove si mobilitano subito per accoglierlo alla stazione in pompa magna, anzi con la banda in testa.
E come si sentono mortificati, nel vedersi da lui dribblati alla grande: è infatti sceso alla precedente stazione di Ospedaletti e da qui ha proseguito a piedi, entrando di nascosto in canonica, mentre essi, delusi dal primo treno, stanno aspettando il successivo. Scoperto l’inganno, quei focosi e testardi parrocchiani accorrono sotto le finestre della canonica, preceduti sempre dalla banda.
E rinunciano a farla suonare solo quando padre Giacomo in persona si affaccia, più corrucciato che mai, ad una delle finestre, minacciando di tornarsene in convento al primo rullar di tamburi: così è fatto il loro parroco, di cui testardamente han voluto il ritorno. Prendere o lasciare!
Dal giorno successivo è al lavoro, in una Bordighera che cambia, anzi è già cambiata dal giorno del suo primo arrivo: innanzitutto sta diventando luogo di villeggiatura, grazie al suo clima mite, anche per merito della regina Margherita di Savoia, che ha iniziato a trascorrervi le proprie vacanze, e della ferrovia, che la rende facilmente raggiungibile; in secondo luogo i bordigotti si stanno specializzando in floricoltura e questo significa nuova ricchezza per gente prima costretta a sopravvivere sui magri proventi della pesca.
Anche se i poveri continuano ad esserci sempre, come ha promesso Gesù, e ad essi bisogna garantire i servizi indispensabili, a cominciare dal vitto e dall’alloggio, finora negati. In mancanza dello Stato, per il quale i poveri sono soltanto un problema, ci pensa padre Giacomo, per il quale sono invece fratelli da riabilitare.
Naturalmente non da solo, perché ha capito, da quando ha messo piede a Bordighera, che vincente è solo il gioco di squadra. Insieme ad un barone-pittore di fede protestante e ad un floricoltore filantropo che si professa libero pensatore, costituisce una terna, singolare ed affiatata, che comincia a progettare un “welfare” anticipatore di quello che oggi affannosamente si cerca di instaurare, decisamente qualcosa di diverso dalla semplice beneficenza o peggio ancora dell’elemosina.
Così nasce la mensa per i poveri, così si gettano le fondamenta della Casa di Provvidenza per offrire un tetto e un letto ad un numero sempre crescente di bisognosi, e che da ospizio si trasformerà ben presto in ospedale, perché anche i poveri si ammalano e nessuno li cura e poi l’ospedale più vicino è a Sanremo, che si può raggiungere solo in carrozza. Sono le Figlie di sant’Anna di Madre Gattorno (sua contemporanea e oggi anche beata) che lo aiutano nelle tante opere di carità di cui Bordighera ha bisogno.
Padre Giacomo di suo non ha niente, tranne le braccia per lavorare e la testa, che persistentemente pullula di iniziative, ed entrambe le mette a disposizione di chi possiede mezzi e fortuna, offrendo ai suoi benefattori solo la possibilità di guadagnarsi qualche merito per l’aldilà.
Anche la nuova chiesa di Borgo Marina nasce così: senza un fazzoletto di terra, senza un soldo e senza un progetto, semplicemente in base all’idea di offrire un luogo di culto alla popolazione di quel rione che fatica ad arrivare a Bordighera alta.
Tanto basta perché il possidente che non voleva vendergli il terreno alla fine glielo regali; che come progettista gratuito si presenti Charles Garnier (cioè il progettista dell’Opera di Parigi e del Casinò di Montecarlo) e che i soldi arrivino così puntualmente da consentirgli in appena tre anni di ultimare la chiesa, che vuole dedicare all’Immacolata.
Si è sparsa, infatti, la voce che se il “fratin” non dice mai di no a nessuno, a costo di togliersi il pane di bocca e di camminare scalzo, è altrettanto vero che nessuno ha il coraggio di rifiutargli qualcosa: tutti sanno che non chiede per sé, sempre e soltanto per far del bene a qualcuno.
Un fiume di denaro passa così per le sue mani, arrivandovi però in misura proporzionata al bisogno, cosicché mai gliene avanza, ma anche nessun debito gli resta, tanto da far pensare che la Provvidenza sia davvero “di casa” alla… Casa di Provvidenza.
Nessuno riesce a togliergli il privilegio di servire a tavola i suoi poveri e soltanto alla fine si siede al loro posto a mangiare il po’ che si è avanzato; eccezion fatta per il venerdì, quando povero tra i poveri, condivide, seduto in mezzo a loro, un semplice piatto di minestra, rifiutando tutto il resto. Se poco gli basta per vivere, ancor meno gli serve per i suoi effetti personali, puliti sì ma sempre consunti dal prolungato uso, dal che si deduce che il suo guardaroba non sia davvero eccessivamente fornito. In un punto particolare, precisamente in corrispondenza delle ginocchia, sono però lisi più che altrove, a testimonianza delle ore prolungate passate in ginocchio.
Il “fratin” prega di giorno e anche di notte e c’è chi giura di averlo visto sollevato da terra, in evidente estasi, mentre altri raccontano degli attacchi che gli sferra il demonio, infastidito dal lavoro di quel francescano-parroco che addosso porta l’odore delle sue pecore e che ruba anime all’inferno, semplicemente con la sua carità senza limiti.
A dire il vero, il demonio usa egregiamente anche gli uomini per i suoi attacchi a padre Giacomo: come non vederlo all’opera nella battaglia senza esclusione di colpi, fin quasi a rasentar la persecuzione, che gli muove il sindaco Rossi insieme alla sua amministrazione comunale?
Arrivato come provvisorio, è parroco di Bordighera per 49 anni: si spegne il 16 aprile 1912, afflitto da una prostatite che lo ha fatto molto soffrire, dopo un inutile anche se indispensabile intervento chirurgico. Lascia scritto che si venda il poco mobilio della sua stanzetta per pagare il funerale, che deve essere poverissimo e semplice: inutile dire che i suoi testardi bordigotti non lo hanno ascoltato nemmeno un po’.

Autore: Gianpiero Pettiti

 


 

Arriva davanti alla malandata chiesa di Bordighera il 4 febbraio 1863 come “economo pro tempore”. Un “prestito” dei frati minori di Ventimiglia al vescovo, perché un religioso francescano è fatto per il convento, non per la parrocchia. E padre Giacomo Viale, che ogni giorno se la faceva a piedi dal convento di Ventimiglia, andata e ritorno, mai avrebbe immaginato che sarebbe rimasto a Bordighera per quasi mezzo secolo, fino al 1911. Curiosa storia questa del “prestito”. Bordighera è allora un miserabile paese di duemila anime arroccato in collina tra le mura saracene; e con Borgo Marina, in riva al mare, con le sue baracche dei pescatori. Niente turismo, niente fiori. Si vive, e a volte si sopravvive appena, di pesca e olive. La parrocchia non ha nemmeno una canonica. Non ha benefici, è poverissima. La chiesa cade a pezzi. Ben quattro parroci, nonostante l’aria salubre, “si ammalano” e rinunciano. Quattro di fila. Il vescovo, sconsolato, si rivolge ai francescani come ultima chance.
Nel mezzo secolo che segue, Bordighera cambierà completamente il suo volto. E padre Viale sarà il protagonista assoluto della crescita. “U fratin”, come verrà chiamato dalla sua gente, vivrà e morirà da santo, Non povero, ma poverissimo. Senza un letto, con due libri come cuscini. A volte senza calzoni e senza scarpe, quando li regalava a qualche miserabile. Eppure capace di realizzare opere memorabili, perché a lui nessuno sapeva dire di no. Dialogava con tutti, dall’ultimo pescatore alla regina Margherita. Con cattolici e protestanti. Era così amato che quando finalmente viene richiamato in convento, il nuovo parroco non riesce a scendere dal treno, impedito da una folla limacciosa che rivuole il suo “fratin”, e nessun altro. Ha scritto di lui fratel Giacomo Massa: «Fu un piccolo san Francesco del nostro tempo, al quale la Provvidenza ha voluto complicare la vita, distraendolo dal convento per chiamarlo a un servizio parrocchiale che era al di fuori di ogni sua personale prospettiva di santità. Immaginare san Francesco parroco di una qualsiasi borgata dell’Umbria del suo tempo apparirebbe una fantasia assurda e irriverente, una sicura distruzione della sua affascinante novità evangelica. Ebbene, padre Giacomo è la dimostrazione, vivente e prolungata per ben 49 anni, che non esiste contraddizione tra san Francesco e il servizio parrocchiale, quando la ragione della propria vita è il servizio al vangelo».
Questo che segue è una parte del “Dizionario di padre Giacomo Viale”, presentato a Bordighera il 12 settembre 1999. Allora si confidava che la causa di beatificazione fosse in dirittura d’arrivo. Dopo l’annuncio dato oggi, 8 luglio, possiamo dire che poteva essere soltanto papa Francesco a fare beato un parroco che, come nessun altro, ha portato addosso l’odore delle sue pecore.

AIROLE
È il paese natale del piccolo Serafino Viale, il futuro padre Giacomo. Le radici sono importanti. Quanto lo furono per lui? E quanto la scomparsa prematura della sua mamma? C’è un legame particolarmente saldo, quello con la sorella Teresa. Serafino, nei racconti giunti fino a noi, appare sempre come un ometto, più grande di quanto dovrebbe essere. O forse tutti, un secolo e mezzo fa e in quelle condizioni, erano costretti a crescere molto in fretta. Fatto sta che Serafino si prende a cuore, possiamo dire istintivamente, la più piccola della famiglia. Come se, avendo perso una prima figura femminile a lui cara, si volesse prodigare per non perdere la seconda. Non vuole perdere nessuno, Serafino. Come padre Giacomo in futuro.

BORDIGHERA
La patria adottiva. Difficile immaginarla senza alberghi, senza ferrovia, senza fiori. Sulla strada della modernità, Giacomo Viale arriva prima della strada ferrata, prima di tutti. Lui coinvolge gli illustri ospiti stranieri nella crescita della cittadina. Lui organizza il primo “welfare”. Lui decide che si cresce tutti insieme, o non si cresce affatto.

COMMIATO
Insofferente a ogni complimento ed elogio, gli era insopportabile essere al centro dell’attenzione. Ecco alcune delle disposizioni del suo testamento spirituale: «Che spirato che sarò non si facciano da nessuno assolutamente partecipazioni di sorta; che il segno del mio decesso venga dato col suono della campana piccola e che la messa, che spero avranno la carità di cantarmi, sia con un solo sacerdote. Che né in chiesa né al cimitero si parli di me affatto. Non voglio assolutamente né fiuori né corone al mio funerale, e se qualcuno avesse intenzione contraria dia ai poveri ciò che vorrebbe sciupare in simili sciocchezze. Finalmente ordino e voglio che il mio cadavere sia gettato nella terra e sopra piantatavi una semplice croce di legno». Non sarà obbedito…

DEMONIO
Padre Viale non ne parlò mai. Ma le testimonianze parlano di autentici scontri fisici con il maligno, accortosi per primo di avere a che fare con un santo. E agisce contro padre Giacomo indirettamente, tramite altri uomini. E pure direttamente.

ECUMENISMO
Allora questa parola, nel significato corrente, non esisteva. E quando un’altra confessione “invase” il suo territorio, a Vallecrosia, il frate parroco reagì con energia. In che senso possiamo dunque parlare di ecumenismo? Il suo fu un ecumenismo pratico di grande modernità. Non quello delle dispute teologiche e dei documenti, ma quello che si fa dal basso, attraverso l’amicizia e la stima reciproca, con un obiettivo primario: soccorrere i poveri, far crescere la comunità, rendere migliore Bordighera. Padre Giacomo e i suoi amici non cattolici partivano dalla gente, dalle sue esigenze, e dall’amore. Partivano da uno sguardo comune: tutti vedevano lo stesso problema, tutti erano determinati a risolverlo. Non sappiamo se, e in quali termini, parlassero di fede, di Cristo e temi simili. Sappiamo però che agivano e che la stima reciproca era notevolissima. E se qualcuno anche oggi si scandalizzerebbe se una campana dono degli anglicani suonasse da un campanile cattolico, quella campana ricorda la nascita, la passione, la morte e la risurrezione dello stesso Gesù Cristo. E rincuora tutti, senza distinzioni.

FOTOGRAFIA
Nessuno era mai riuscito a fotografarlo. Ci riescono solo nel 1905 con un trucco, camuffando la macchina fotografica dietro un cespuglio nel giardino dell’amico Vincenzo Arrigo. Padre Giacomo se ne accorge all’ultimo istante e il suo sguardo è contrariato. Il suo francescanesimo radicale gli impedisce ogni esibizionismo. Anche quello di una fotografia in occasione dei festeggiamenti, da lui boicottati in ogni modo, per i 50 anni di messa.

GIAMBARCA
Tutto comincia da Francesco Biancheri detto Giambarca, pescatore squattrinato durante la settimana e nerboruto “tiramantici” per l’organo alla domenica. I soldi per i lavori per tenere in piedi la chiesa fatiscente, nel 1963, sono finiti. Padre Giacomo ordina di smontare i ponteggi. Giambarca se ne accorge. Non può sopportare una cosa del genere. Il giorno prima quelli delle ferrovie gli hanno dato mille lire, per fare passare i binari sul suo piccolo podere in riva al mare. La busta finisce dritta in mano a padre Giacomo. Giambarca ritorna poverissimo ma i bordigotti danarosi se ne accorgono, si vergognano e mettono mano al portafoglio. E da allora non smettono più. Tutto, davvero, comincia da Giambarca…

GARNIER
Degli ospiti illustri stranieri di Bordighera fu il più illustre. Charles Garnier era passato in carrozza da Bordighera nel 1948, innamorandosene. Vincitore del “Prix de Rome”, il giovane architetto era in viaggio verso Roma e Napoli. Molti anni dopo, nel 1970, l’architetto dall’Opera di Parigi e del Casino di Montecarlo, fugge dalla Parigi in fiamme e si stabilisce a Bordighera, dove si costruisce una villa meravigliosa. Non sappiamo come incontri padre Giacomo. Ma sappiamo che il progetto della chiesa di Terrasanta, a Borgo Marina, è suo; sue le linee orientaleggianti. Tutto gratis.

ISCRIZIONE
Quando gliene dedicano una, lui la nasconde con un drappo. Può nascondere le parole, però; non le opere, le persone, i fatti che parlano di lui.

LUCHETTO
Oggi sarebbe un senza fissa dimora. Quando lo trovano in collina, avvolto nei suoi stracci, mezzo morto di freddo, padre Giacomo se lo porta a casa e gli dà il suo letto. Con Luchetto nasce l’ospizio per i vecchi soli. Non nasce da elucubrazioni e calcoli, ma da un’esigenza immediata a cui il frate dà una risposta immediata. Non hai un letto? Ti do il mio.

MARIA
Padre Giacomo la pregava incessantemente. E lei non sapeva dirgli di no. Pregava come un bambino. Con insistenza. Come un bambino chiedeva, anzi esigeva. Intenerendo la mamma.

NENIN
Pare che non fosse un granché come cuoca, ma la sua presenza fu costante, silenziosa e premurosa. In lei riconosciamo tutte le migliori domestiche di innumerevoli parroci.

OSPEDALE
Ma anche OSPIZIO e OPERA DELLA PROVVIDENZA. Padre Giacomo è moderno anche perché non pretende di fare tutto da solo. Lavora in squadra. Mobilita tutte le forze sane, generose e disponibili della società. Non lega le sue opere alla sua persona. Non coltiva ansie di protagonismo. Dà semplicemente il via e fa in modo che le cose procedano indipendentemente da lui. Non crea dipendenza, ma libertà. E “seduce”, senza pregiudizi. L’ospizio nasce dalla collaborazione con un pittore tedesco e luterano, il barone Friedrich von Kleudgen, e un altro tedesco, il floricoltore e libero pensatore Ludwig Winter.

PREGHIERA
Ma anche POTERE. La preghiera che cerca quasi disperatamente e il potere che evita disperatamente. Se preghi, non puoi essere un uomo di potere. Il potere lo puoi esercitare, da parroco. Maq se preghi, puoi solo servire. Un uomo così inevitabilmente disturba chi conosce solo la logica del potere e non comprendono come quel prete non voglia essere un uomo di potere quando potrebbe esserlo.

ROSSI
Francesco Rossi, sindaco socialista della Bordighera d’inizio Novecento. Facile ricevere attestati di stima dagli amici. Dai nemici, meno. Rossi ostacola,, quasi perseguita il prete. Molti anni dopo, al processo di canonizzazione, riconosce però i suoi meriti: su uomo e prete tutto d’un pezzo, parola di miscredente.

ZITTI
È quello che sta implorando da Lassù, in questo momento, padre Giacomo Viale. Che non può approvare di finire sulle agenzie di stampa, sui giornali, addirittura in televisione. Però deve riconoscere che se l’è voluta. Per lui valga ciò che Chesterton disse di san Francesco: «Ha fatto tutto da innamorato».Chi ha insegnato ad amare, come può rifiutare un atto d’amore?


Autore:
Umberto Folena


Fonte:
Avvenire

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Aggiunto/modificato il 2016-10-29

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